Sorelle uccise dal treno. L'ultima chiamata a papà. "Stiamo tornando..."

Istanti fatali: Alessia si accascia, Giulia prova a salvarla. E il Comune "chiude" Facebook

Sorelle uccise dal treno. L'ultima chiamata a papà. "Stiamo tornando..."

Il tempo di un afferro e di una parola ragionevole, tipo chissà... «alzati», o «scappa» o «vieni via». Poi i fari in faccia e una rincorsa d'attimi col sapore del terrore in bocca, che è un misto di ferro e di tempo scaduto. Giulia (diciassette anni) ha cercato di trascinare via dalle rotaie Alessia, la sorella più piccola (di 15) «la ragione della sua vita» come scriveva su Instagram quando ancora aveva una vita da condividere.

Sono iniziate le ricostruzioni degli ultimi istanti delle due sorelle morte sui binari di Riccione, travolte da un Frecciarossa partito da Pescara, in direzione Milano. Duecento chilometri orari e nessuna fermata prevista in quella stazione. Ma sono attimi difficili da ricomporre, le telecamere non aiutano, le testimonianze spiegano ma non chiariscono. Allora si va alla ricerca di tutto, del ragazzo che, assieme a un amico, le ha accompagnate alla stazione dalla discoteca Peter Pan, della telefonata fatta al papà pochi minuti prima dell'incidente mortale «va tutto bene, stiamo tornando a casa»... Casa era Madonna di Castenaso, nel Bolognese, anche se le sorelle Pisanu erano sarde di origine, (di Senorbì, per l'esattezza), degli ultimi post e dei profili social che oggi sono, cinicamente, incontrovertibilmente la carta d'identità e il testamento di ognuno. Intanto il comune di Riccione ha bloccato i commenti su Facebook.

L'ultima immagine non virtuale è quella scattata dai testimoni alla stazione, raccontano prima di scoppiare in lacrime, di due ragazze un po' «barcollanti» che hanno chiesto le indicazioni per il bagno e che poi, all'improvviso, qualcuno ha rivisto sulle rotaie. Non c'è stato niente da fare: né le loro grida per avvertirle, né il disperato tentativo del macchinista di rallentare. Ora raccontano di un'Alessia disperata, probabilmente a causa del cellulare e della borsa rubati alla sorella, e di Giulia che le si avvicina per consolarla e probabilmente per farla ragionare, per convincerla a spostarsi di lì. Alessia ha un vestito verde, la più grande tiene gli stivali in mano, ha i capelli lisci, neri, qualche tatuaggio, e ancora più piercing. Ma questo si evinceva anche dalle immagini della vita virtuale e soprattutto confonde o prende solo una parte di queste due ragazze «bravissime» e «incredibilmente unite». Di nuovo le parole del giovane che le ha accompagnate alla stazione. Ha raccontato di aver visto le due sorelle anche la sera precedente a quella dell'incidente, nella stessa discoteca e di averle riviste quel maledetto giorno, e spiega che Giulia era stesa a terra, ma non in uno stato di particolare alterazione. Era stata la stessa Giulia ad avergli detto di essere particolarmente provata perché aveva lavorato tutto il giorno prima di partire con la sorella per andare a ballare a Riccione. Durante il tragitto, dalla discoteca alla stazione, era stata invece Alessia, a chiedere in prestito il cellulare per poter fare una telefonata al padre. Il suo era scarico e alla sorella avevano rubato tutto.

È stata proprio quella telefonata a permettere agli inquirenti di rintracciare il ventiquattrenne. L'indagine aperta dalla magistratura di Rimini non prevede notizie di reato, né quindi indagati. E per motivi tecnici sono anche esclusi esami tossicologici sui resti delle due ragazze.

Invece è probabile che verrà effettuato un esame del Dna per accertare definitivamente l'identità delle vittime visto che il riconoscimento da parte del padre (arrivato ieri a Rimini accompagnato dal fratello) non può considerarsi definitivo. È uno scempio quello che si sono trovati davanti gli inquirenti. Brandelli, un telefonino sfasciato e gli stivali. Quelli che forse Giulia teneva in mano dopo la sua notte in discoteca. L'ultima notte.

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