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Sostegno velenoso di Prodi: riforma modesta ma la voto

D'Alema attacca: "La casta è per il sì"

Sostegno velenoso di Prodi: riforma modesta ma la voto

Roma - Per mesi si era trincerato dietro al silenzio, lasciando cadere solo frasi sibilline perché lui (un po' come dice D'Alema) non si occupa «di politica italiana». Per mesi i retroscena avevano strologato sul suo voto, spingendosi ad interpretare il silenzio come un No, come aveva assicurato il Fatto Quotidiano.

In diversi (non Matteo Renzi, che col Professore ha rapporti freddi) si sono prodigati per convincerlo a benedire la riforma renziana, e un ruolo chiave lo hanno avuto due vecchi amici di Prodi, e convinti sostenitori del Sì, come Arturo Parisi e Graziano Delrio. E ieri, a sorpresa, Romano Prodi ha annunciato che domenica voterà Sì alla riforma. Lo ha fatto con un lungo comunicato pieno di punzecchiature e acidità, spiegando che la riforma secondo lui non ha «la profondità e la chiarezza necessarie» ed è «modesta». Ma il padre dell'Ulivo non ha comunque dubbi: «Per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull'esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche, soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale».

L'endorsement è un po' stitico, perché l'ex premier non nasconde di avere un certo rancore verso il giovanotto che ha preso il suo posto (lo accusa di aver «messo in gioco la stabilità» con «un'improvvida sfida») e verso un partito che lo ha allegramente trombato per il Quirinale. Ma al Pd basta e avanza, e Matteo Renzi incassa con soddisfazione: «Grazie a Prodi che ha detto che voterà Sì pur non condividendo tutto, anzi. Ma riconoscendo che c'è un'esigenza per il Paese», dice. La dichiarazione di voto di Prodi, per il premier, è un bell'assist per il voto di sinistra e contro la minoranza Pd schierata sul No. Che infatti digerisce assai male la sorpresa, con Bersani (che ha sempre tentato di accreditarsi come erede di Prodi) che mastica amaro: «Non mi sembra un Sì entusiasta ma lo rispetto. Io però non lascio il No alla destra». Massimo D'Alema, invece, ignora Prodi e replica piccato a Renzi, per il quale «se vince il No vince la Casta: sono tutti schierati contro la riforma»: «Ma se è lui il capo-Casta: io non ne faccio parte».

Ed è proprio al voto moderato che Matteo Renzi, nel suo giro vorticoso per l'Italia, punta per allargare la base di consenso al referendum: «Voglio dire agli elettori di centrodestra che questa riforma non è né di destra né di sinistra: serve a semplificare anche la vostra vita, a tagliare un po' di poltrone e a rendere più efficienti le istituzioni e più efficace la politica», dice esplicitamente, parlando ad Ancona.

Sul dopo referendum, parlando in un videoforum su Repubblica Tv, il premier ha preso «un impegno morale», quello di «non considerare i voti al referendum in termini politici, per gli uni o per gli altri. Sono voti per il Sì e per il No. Il 5 dicembre c'è comunque un'altra stagione che si deve aprire». Però ha anche sottolineato che, qualunque sia il risultato, «che ci siano conseguenze sul governo è evidente».

E il New York Times, in vista di un voto «decisivo» per l'Italia, si augura che Renzi resti a Palazzo Chigi «qualunque sia l'esito», per «calmare i mercati» scossi da un'eventuale vittoria del No.

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