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In Spagna l'eutanasia ora è possibile ma rischia di restare lettera morta

I dubbi sull'applicazione e l'obiezione di coscienza creano già ostacoli. Popolari e Vox fanno ricorso alla Corte Costituzionale

In Spagna l'eutanasia ora è possibile ma rischia di restare lettera morta

Madrid. Da ieri la Spagna è il settimo Paese al mondo che autorizza e depenalizza l'eutanasia. Il dibattito sulla dulce muerte era iniziato al Congresso la scorsa estate, su iniziativa del Partito socialista che aveva avanzato una proposta di riforma della vecchia legge pensata negli anni Novanta. Lo scorso marzo, con 202 voti favorevoli, 141 contrari e 2 astenuti, ley real era stata approvata da Parlamento e Senato, con il sigillo finale della firma di re Felipe VI.

Negli ultimi tre mesi, prima della sua entrata in vigore, le diciassette comunità autonome spagnole avrebbero dovuto costituire l'organo responsabile e la commissione di garanzia per accogliere e valutare le richieste. Ma non tutte hanno rispettato i tempi concessi dal Parlamento e molte regioni sono in alto mare nella creazione di un comitato di valutazione. Permangono, infatti, numerosi dubbi sulla sua effettiva applicazione, tra cui, quello dei medici obiettori di coscienza. In nove regioni i professionisti sanitari (dottori e infermieri) che si oppongono alla «dolce morte» hanno composto un elenco in cui rifiutano di applicare l'eutanasia. Una mossa, tuttavia, che vincola i medici alla lista e non li lascia liberi di riflettere e decidere caso per caso.

Il premier Sánchez ha abilmente fatto leva sulla considerazione che se si «ha il diritto a vivere una vita degna, così si deve avere anche il diritto a una morte degna». La nuova legge è la conclusione di una durissima battaglia civile combattuta in strada e al Congreso. La nuova norma stabilisce che l'eutanasia (morte provocata direttamente da un medico) o il suicidio assistito (decesso autoindotto da farmaco assunto da paziente che ha espresso la volontà di farlo), potrà essere autorizzato al soltanto a chi ha una «patologia grave e incurabile» o «grave, cronica e disabilitante» e che, inoltre, patisca «una sofferenza insopportabile».

L'ultima ed estrema prestazione medica sarà a carico del sistema sanitario nazionale spagnolo, consentita a chi vive in Spagna dal almeno dodici mesi. Attualmente undici comunità autonome avevano già una legge per «l'eutanasia passiva», ovvero quando si provoca la morte del malato con un'omissione, come la sospensione o la mancata somministrazione di un trattamento sanitario salvavita.

L'iter del malato che ha deciso per l'eutanasia o il suicidio assistito durerà dalle quattro alle cinque settimane: il paziente dovrà esprimere il proprio consenso in quattro occasioni alla commissione di valutazione, composta di medici e psicologi, poi il comitato scriverà una memoria che sarà analizzata da due medici estranei alla commissione che decideranno se autorizzare o no la «dulce muerte». La legge, inoltre, risolve la questione delle responsabilità: chi aiuta il malato a morire, non sarà più perseguito dall'articolo 143 del codice penale spagnolo per istigazione al suicidio e complicità in omicidio, punibili con una pena dai 2 ai 10 anni di carcere.

I partiti che fin dall'inizio del dibattito si sono opposti al «suicidio di Stato», come denunciato da Popolari e Vox, hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale per cancellarla.

L'eutanasia è permessa in Australia, Belgio, Canada, Lussemburgo e nei Paesi Bassi (dove compie vent'anni). In Colombia la Corte Costituzionale la ammette, ma è assente una legge specifica, mentre in Nuova Zelanda sarà in vigore dal 2022.

Negli Stati Uniti il suicidio assistito è legale in 6 stati su 50: California, Montana, New Mexico, Oregon, Vermont e Washington.

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