Spari sull'inviato del Papa Usa-Russia, sfida nucleare

Colpito il convoglio dell'elemosiniere, sta bene. Biden: no all'atomica. Peskov: prevista dalla nostra dottrina

Spari sull'inviato del Papa Usa-Russia, sfida nucleare

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden avverte Vladimir Putin, che periodicamente agita lo spauracchio delle armi nucleari, di non usarle nel conflitto in Ucraina per non rischiare una pericolosa escalation. «Non farlo, non farlo. Se lo facessi il volto della guerra cambierebbe», dice Biden in un'intervista a 60 Minutes di cui sono stati diffusi degli estratti. Pur non entrando nei dettagli di quale potrebbe essere la risposta americana, il numero uno della Casa Bianca spiega che «sarebbe consequenziale». La replica del Cremlino non si fa attendere. Il portavoce Dmitry Peskov invita chi si interroga sulla possibilità che la Russia faccia ricorso alle armi nucleari in Ucraina a «leggere la dottrina di Mosca». «È tutto scritto lì», dice. La dottrina militare, derivante dalla più ampia Dottrina Primakov relativa alla politica estera e di sicurezza del Paese, prevede tra l'altro l'uso di armi nucleari tattiche in caso di aggressione contro la Federazione russa che ne metta a repentaglio «l'esistenza» ma anche «la sovranità e l'integrità.

Intanto ieri a Zaporizhzhia, la città della centrale nucleare che continua ad essere sotto attacco, l'elemosiniere del Papa è scampato ad una sparatoria mentre caricava su un pulmino viveri insieme a due vescovi, uno cattolico e uno protestante, accompagnato da un soldato. «Per la prima volta nella mia vita non sapevo dove fuggire, perché non basta correre, bisogna sapere dove», ha poi commentato il cardinale Krajewski. A poca distanza da Zaporizhzhia, a Energodar, la città satellite dell'impianto, la società statale ucraina che gestisce tutte le centrali nucleari del Paese ha inviato 25 camion con pezzi di ricambio, carburante e altri materiali necessari per riparare le linee elettriche ed i reattori danneggiati. Venerdì notte i russi hanno bombardato anche per due volte la zona industriale di Kharkiv, mentre nella stessa regione una ragazza di 11 anni è morta in un attacco missilistico a Chuhuiv.

Per quanto le due parti alzino i toni, nelle ultime settimane il conflitto sta prendendo una piega inaspettata per gli ucraini che stanno portando avanti un'efficace controffensiva, riconquistando chilometri e chilometri di territori nel sud e nell'est del Paese. Al punto che il Pentagono ritiene che Putin debba «rivedere gli obiettivi della sua operazione perché è abbastanza chiaro al momento che non è in grado di centrare quello che inizialmente pensava». Anche l'intelligence britannica dubita che i russi abbiano «sufficienti forze e il morale adeguato» per difendere le conquiste fatte in Donbass. Il sentimento di frustrazione delle truppe di Mosca emerge chiaramente anche dalle lettere scritte a mano dai militari russi, pronte per essere spedite ai familiari e abbandonate nel caos provocato dalla controffensiva, ora ritrovate assieme a vari documenti e all'intero archivio militare di un reparto di stanza a Izyum. Dagli scritti emerge la totale disorganizzazione e demoralizzazione dei soldati, che avrebbe portato alla ritirata a valanga dell'armata russa sul fronte di Kharkiv ed Izyum. In quest'ultima località sono state trovate delle fosse comuni, una delle quali con circa 450 corpi, per lo di più civili, molti dei quali con evidenti segni di tortura. Anche quelli di sei membri di una stessa famiglia, morti sotto le macerie dell'edificio dove abitavano, distrutto da un attacco russo il 9 marzo scorso. I resti sono quelli di due genitori trentenni, delle loro figlie di 8 e 6 anni e dei loro nonni. Dopo il ritrovamento delle fosse comuni di Izyum la Repubblica Ceca, che detiene la presidenza dell'Ue, ha chiesto l'istituzione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra. «Ogni volta che liberiamo dei territori ci sono prove di orrendi crimini russi.

Si può solo immaginare l'inferno che vivono le persone in altri territori occupati dalla Russia. Abbiamo urgentemente bisogno di più armi per liberarli e salvare le loro vite», ha scritto in un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

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