Spendiamo 3,8 miliardi per farci curare altrove

Il primo dato che salta all'occhio nel rapporto sulla spesa sanitaria nazionale e regionale relativi al periodo 2008-2014 pubblicato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è sintomo di una sanità italiana ancora molto malata. Ogni anno, infatti, si spendono 3,8 miliardi di euro per farsi curare da un'altra parte che non sia la propria città o la propria regione. Un costo pesantissimo ma comprensibile. Quello che sembra inaccettabile è l'incremento nella voce di spesa legata alle consulenze che ammontano nel 2014 a circa 780 mila di euro (+2,48%). Così si fa presto a far lievitare la spesa sanitaria che, nel 2014 è cresciuta dello 0,89% rispetto al 2013, segnando un'inversione di tendenza rispetto agli anni 2008-2013, che registravano un trend in diminuzione. Gli incrementi più alti di spesa corrente sono stati registrati in Abruzzo (2,5%), Lombardia (+2,3%), Campania (2,1%). La diminuzione più importante in Valle d'Aosta (-4,35%) e in Friuli Venezia Giulia (-3,65%).

Ma ad appesantire la sanità oltre alle consulenze pesano i costi per i farmaci (soprattutto quelli innovativi) e per gli emoderivati (+7,09%), i dispositivi medici (3,41%), le manutenzioni e riparazioni (+5,62%). A far le spese di tutto questo sono sempre i pazienti che pagano sempre più caro il ticket sanitario, cresciuto del 26% in sei anni.

E la prevenzione resta il fanalino di coda: continuiamo a investire solo il 4% del budget complessivo per la sanità. Diminuisce la spesa per l'assistenza ospedaliera che passa dal 48,16% del 2008 al 44,72% del 2013, cresce quella per l'assistenza distrettuale dal 47,51% del 2008 al 51,09% del 2013.

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