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"Ancora sei mesi con il Covid". Speranza ora avverte gli italiani

Il ministro della Salute è certo che dopo l’inverno vedremo la luce. Ha parlato anche di scuola e Mes

"Ancora sei mesi con il Covid". Speranza ora avverte gli italiani

Intervistato da Repubblica, il ministro della Salute Roberto Speranza ha parlato di cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Ha toccato argomenti quali il vaccino e la cura, certo che presto arriveranno, senza tralasciare il tema caldo della scuola. Dovremo resistere ancora qualche mese seguendo il distanziamento sociale, il lavaggio delle mani e l’utilizzo delle mascherine perché, ha asserito il ministro “una cura e un vaccino per il Covid sono vicini”.

Dopo l'inverno vedremo la luce

Speranza ha anche sottolineato che questa situazione non durerà per sempre e che dopo l’inverno vedremo la luce. Considerando che non siamo ancora entrati in autunno, la notizia non è forse delle più rassicuranti. Intanto però AstraZeneca ha annunciato che i test, stoppati improvvisamente a causa di complicazioni in un paziente, sono ricominciati.

Nel commentare la notizia, Speranza ha spiegato che “il caso anomalo riscontrato non era legato al vaccino. Come Unione europea stiamo comprando un pacchetto 6+1, quello di AstraZeneca è uno dei sei ed è in fase più avanzata. Ci sono anche gli altri però. E stanno per arrivare cure innovative: a Siena il professor Rino Rappuoli sta facendo un lavoro straordinario sugli anticorpi monoclonali da cui verranno fuori farmaci efficaci”. Sul fatto che gli esperti stiano consigliando a tutta la popolazione di vaccinarsi contro l’influenza, il ministro ha reso noto che quest’anno l’Italia ha prenotato il 70% in più di dosi rispetto agli anni passati. Dovrebbero quindi essere abbastanza per tutti.

Speranza: "La scuola non è un problema della Azzolina"

Parlando della scuola, Speranza ha affermato: “Basta polemiche inutili sulla scuola, non è un problema della ministra Azzolina, ma di tutti noi”. Però il ministro dell’istruzione è Azzolina. Non noi. E intanto si pensa alla fatidica data di domani, lunedì 14 settembre, giorno della riapertura delle scuole. Speranza in tal proposito ha assicurato che il governo ha lavorato con Regioni, Province e Comuni e che il documento sulla gestione dei casi Covid è stato approvato all’unanimità. Tronfio ha poi dichiarato che “abbiamo fatto più che negli altri Paesi europei. Nessuno pensa che la situazione sia perfetta, non abbiamo la bacchetta magica e i problemi della scuola italiana non nascono col Covid. Ma ci sono risorse senza precedenti, stiamo provando a investire sul personale scolastico e sulle attrezzature, forniremo 11 milioni di mascherine al giorno a tutti gratuitamente”. Come spiegato dal Comitato tecnico scientifico, e ribadito dal ministro della Salute, la febbre dovrà essere misurata a casa, sia perché il tragitto fino a scuola può essere causa di contagio, sia perché provarla nelle strutture scolastiche rischierebbe di creare assembramenti pericolosi. In caso di assenze che durino più di tre giorni verrà fatta una dichiarazione da parte dei medici di base e dei pediatri. Nell’eventualità di un possibile caso Covid sarà compito della famiglia chiamare il medico che valuterà la situazione.

“Abbiamo rafforzato di molto la nostra capacità di fare test e miglioreremo ancora. L'obiettivo che ci siamo dati è non lasciare soli presidi e insegnanti, rinsaldare il legame che si era perso tra le scuole e il Servizio sanitario nazionale. Se ci saranno casi Covid, saranno le Asl a intervenire e decidere come procedere. È un processo nuovo, dovremo imparare a gestire questi casi, per questo dico che servono nervi saldi” questa la risposta di Speranza alla domanda se vi siano abbastanza tamponi. Il ministro è piuttosto sicuro che ci saranno nuovi casi, statisticamente parlando, anche se il nostro paese è messo sicuramente meglio di altri. Ha inoltre sottolineato che serve il contributo di tutti e che la popolazione deve essere unita in questa sfida che riguarda l’Italia. Sul fatto che la quarantena potrà essere diminuita a 10 giorni, Speranza è cauto nel dire che ancora si sta valutando cosa fare. Prima di prendere una decisione verrà comunque ascoltato il Cts e il parere di altri paesi europei. Il fatto che il presidente della Sardegna Solinas abbia emesso un’ordinanza che obbliga chiunque voglia arrivare sull’isola a fare un tampone, il ministro ha detto ancora una volta che le decisioni devono essere condivise. Altrimenti non si va lontano. Intanto però chi vuole andare in Sardegna deve farsi un tampone.

Alla domanda se i soldi del Mes possano servire alla Sanità italiana, Speranza non ha dubbi: “I soldi servono e ne servono tanti perché abbiamo un'occasione unica: fare una riforma che non sia fatta di tagli, ma che miri a riportare la sanità dove non c'è. La chiusura di ospedali e presidi nelle aree interne ha contribuito al distacco tra centro e periferia, tra città e contado. Io sono favorevole al Mes, ma non mi interessa da dove arrivino i soldi, non ne guardo il colore: che vengano dal Mes, dal Recovery Fund, dal bilancio dello Stato, ma che arrivino”. La parola chiave per il politico è prossimità. Che prima di tutto deve essere la casa. Punta infatti a far arrivare il Servizio sanitario nazionale nelle abitazioni, senza dover raggiungere le strutture ospedaliere. Anche attraverso la sanità digitale sul cellulare dei pazienti.

Colpa del Cts, non del governo

Il ministro ha asserito che il governo non ha mai nascosto niente e che è l’unico a pubblicare tutti i verbali del Cts. Non ritiene quindi che il piano pandemico di inizio marzo sia stato celato dai governanti. “A metà febbraio i nostri scienziati hanno fatto uno studio con ipotesi molto variegate sul potenziale impatto del Covid e sulle misure che si potevano mettere in campo. Uno studio che gli stessi scienziati ritenevano fosse meglio mantenere riservato. Trovo le polemiche incomprensibili”. La colpa quindi sarebbe stata del Comitato tecnico scientifico e non del governo.

Riguardo le prossime Regionali, secondo Speranza la maggioranza poteva fare di più per riuscire a correre più uniti. In effetti quasi dappertutto è divisa. Il ministro pensa quindi di affidarsi agli elettori: “Ci sono regioni, come la Puglia, dove il risultato è in bilico, ma il rapporto tra forze della maggioranza e opposizione è 60-40. Il mio auspicio è che gli elettori siano più bravi di noi, che arrivino dove non sono arrivati i gruppi dirigenti con scelte intelligenti e capaci di fermare la destra”.

A sua idea quello che è mancato è stato il coraggio di andare insieme a governare un Regione o un piccolo Comune.

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