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Test gonfiati e protocolli errati: Speranza è nei guai

Le affermazioni di ieri sera di Claudio D'Amario a Quarta repubblica sono la conferma della catena di negligenze costata quasi 120mila morti e del possibile nesso di causalità tra alcune omissioni e la pandemia.

Speranza nei guai, nuovi filoni: test gonfiati e protocolli errati

Quando l'ex responsabile della Prevenzione del ministero della Sanità Claudio D'Amario ha ammesso l'altra sera a Quarta repubblica di aver gonfiato il 4 febbraio 2020 il test di autovalutazione della capacità dell'Italia di resistere a una pandemia, qualcuno in Procura a Bergamo - alle prese con il difficilissimo puzzle dell'indagine per epidemia colposa tra documenti, chat, email dei vertici di Iss, ministero della Sanità e membri del Cts degli ultimi 14 mesi - è saltato sulla sedia. È la conferma della catena di negligenze costata quasi 120mila morti e del possibile nesso di causalità tra alcune omissioni e la pandemia.

«La sanità funziona così, più investi in prevenzione oggi e più risparmierai domani», ha scritto nel suo libro Perché guariremo il ministro Roberto Speranza, il cui capo di gabinetto Goffredo Zaccardi è nel mirino della Procura e potrebbe essere presto sentito. È solo una delle tante frasi imbarazzanti, tanto che il libro è sparito quasi subito dalla circolazione. E come il report Oms, insabbiato perché non consono alla narrazione tranquillizzante del governo dal dirigente Oms Ranieri Guerra (predecessore di D'Amario al ministero e indagato con l'accusa di aver mentito ai pm), anche il volume è rispuntato dal nulla.

In questi giorni nei tribunali di mezza Italia c'è un viavai di ricorsi e di esposti contro l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Il Giornale ne ha intercettati diversi: in quello presentato a Roma dall'associazione European Consumers si contesta che «fin dalla prima circolare ministeriale 1997 del 22 gennaio 2020 Polmonite da nuovo coronavirus (2019 nCoV) in Cina non viene fatta menzione di alcuna profilassi e terapia con antivirali (disponibili), altri farmaci e cure di supporto», si accusa la decisione (circolare 11285 del 1° aprile 2020) di «vietare le autopsie», che a detta dei ricorrenti «ha determinato un forte ritardo nella diagnosi dei fenomeni trombotici» e si punta il dito contro la terapia domiciliare decisa dall'Aifa solo a fine dicembre 2020, in cui si raccomanda come unica strada da seguire «una vigilante attesa e la somministrazione di paracetamolo o fans». Una ricetta ribaltata lo scorso 31 marzo dai risultati dello studio dell'Istituto Mario Negri di Bergamo, che al posto della tachiprina, ritenuta «più dannosa che utile» punta su aspirina e su antinfiammatori come l'Aulin in caso di dolori.

Il Senato ha chiesto all'esecutivo di rivedere i protocolli, ma il ministero li sta difendendo, persino davanti al Consiglio di Stato.

Se si fosse puntato subito sulle cure domiciliari con antidolorifici e antivirali - come prevedeva il piano pandemico, anche quello non aggiornato del 2006 - mentre i medici di base impazzivano scambiandosi consigli e suggerimenti, si potevano salvare delle vite? Soprattutto nella Bergamasca, come sottolineano i legali dei familiari delle vittime guidati da Consuelo Locati? La risposta finale, forse scontata, dovrà darla la magistratura.

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