L'Unione europea lo schiaffeggia definendo «inaccettabile» il coinvolgimento di un milione di residenti Ue nello scandalo datagate. Il Codacons annuncia una class action negli Stati Uniti per i 214.134 italiani coinvolti e il Garante per la privacy chiede ulteriori elementi. Ma la notizia che rischia di dare il colpo di grazia al fondatore di Facebook è scivolata proprio dalle labbra di Mark Zuckerberg durante un'intervista con il fondatore di Vox, Ezra Kelin: i messaggi che i due miliardi di utenti Facebook si scambiano quotidianamente attraverso la app Messenger - e che dovrebbero essere privati - sono controllati dal colosso californiano di Menlo Park per impedire che violino le regole previste dal social network esattamente come avviene per i post e i contenuti pubblici.
Non solo 87 milioni di utenti derubati dei propri dati (molti più dei 50 milioni scoperti all'inizio dello scandalo), tra cui in cima figurano 70,6 milioni di statunitensi. Non solo la confessione che i dati di tutti i due miliardi di iscritti sono a rischio e potrebbero essere stati oggetto di un accesso improprio, tanto da spingere l'azienda a rimuovere la funzione di ricerca di altri utenti tramite e-mail o numero di telefono. L'ultima ammissione del Grande Fratello Facebook rischia di provocare un nuovo disastroso scossone al social network più usato al mondo. Un'altra tegola dopo la scoperta della cessione dei dati alla Cambridge Analytica, la società che ha usato età, origine, residenza e like degli utenti per bombardarli di messaggi elettorali.
Zuckerberg lo ha raccontato mentre spiegava come la sua azienda avesse bloccato alcuni messaggi istantanei «impropri» sulla pulizia etnica in corso in Myanmar. «In quel caso, i nostri sistemi rilevano cosa sta succedendo - ha spiegato Zuckerberg - E fermiamo la circolazione di quei messaggi», link e immagini comprese, oggetto delle stesse scansioni automatiche effettuate per monitorare e bloccare insulti, foto scabrose o pedopornografiche e messaggi offensivi. «Abbiamo disegnato questi strumenti automatici per poter bloccare comportamenti abusivi» ha spiegato il portavoce di Facebook Messenger. Il problema è che prima di adesso nessuno sapeva che anche la app più usata al mondo insieme a WhatsApp (acquistata da Facebook tre anni fa, entrambi con un miliardo e trecento milioni di utenti ogni mese) fosse oggetto di questi controlli. Una notizia che ha già fatto crollare ulteriormente la fiducia nel social network. Nonostante l'azienda californiana abbia garantito di non utilizzare i contenuti di Messenger a fini pubblicitari, su Twitter cresce la fronda anti-Facebook esplosa con l'hashtag-invito #DeleteFacebook (#CancellaFacebook). E qualcuno fa notare: «Ho parlato di gelati sulla chat di Facebook Messenger e ora vedo su Twitter la pubblicità di gelati. La nostra privacy è stata violata per anni e usata per vendere prodotti».
Di tutto ciò Zuckerberg risponderà al Congresso Usa il 10 aprile dopo avere ammesso un «errore enorme». Il 9 aprile l'azienda si metterà in contatto con i 215mila italiani i cui dati sono stati derubati attraverso un test.
Ma ogni giorno è una nuova picconata alla credibilità del social network. Un sondaggio Ipsos realizzato dopo lo scandalo rivela che il 57% degli italiani non si fida di Fb, il 31% ha cambiato le impostazioni per tutelare la privacy e l'89% vorrebbe leggi più severe per difenderla.
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