Ma la stampa straniera non cade nella trappola mediatica dei pro Pal

All'estero spedizione ignorata. Era un trucco della sinistra per dettare l'agenda

Ma la stampa straniera non cade nella trappola mediatica dei pro Pal
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L'infilata di prime pagine blasonate. Il progressista Le Monde e Liberation, bandiera della gauche francese. Ancora, The Guardian e El Paìs, il più importante quotidiano spagnolo. Sorpresa, cerchi la Flotilla e non la trovi. Come è possibile?

Vai avanti, sulla stampa tedesca e sconfini sui grandi giornali americani, Washington Post e New York Times. Ancora niente. In prima pagina né titoli né foto.

Strano, sembra un'illusione ottica, e invece è la realtà. La stampa tricolore ha la Flotilla ovunque, in pratica uno psicodramma che va avanti da giorni e giorni, tracima nei talk e nei telegiornali, detta l'agenda dell'informazione, si allunga fino a notte fonda con interminabili dirette in streaming.

Fuori dai nostri confini però la situazione, o meglio la percezione, cambia. Non c'è la saga con i continui aggiornamenti: gli incidenti, veri o presunti, e le misteriose provocazioni, i droni e la lenta, estenuante marcia di avvicinamento a Gaza. La meta finale.

Sui siti, certo, le notizie non mancano e ieri pomeriggio, per esempio, quello di El Paìs apriva con l'imminente contatto fra le navi israeliane e quelle pacifiste.

Fra l'altro, il premier spagnolo Pedro Sanchez, progressista pure lui, ha invitato la Flotilla a fermarsi, esattamente come ha fatto Giorgia Meloni, con appelli sempre più accorati e preoccupati.

Però in Italia la sinistra ha impostato e dettato l'agenda politica virando sulle vele nel Mediterraneo. I volontari, benedetti all'inizio pure dal segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, si proponevano di portare aiuti e derrate alimentari alla popolazione stremata, sotto le bombe e gli ordini di evacuazione continui. Col tempo, le cose si sono modificate: gli attivisti, che hanno imbarcato a bordo alcuni parlamentari, hanno gridato che avrebbero cercato di raggiungere Gaza in tutti i modi, cercando di forzare il blocco navale israeliano.

Insomma, l'impresa umanitaria, sempre condivisibile, è finita in secondo piano davanti alla volontà di andare allo scontro politico, durissimo, con il governo di Israele e pure con quello italiano, ritenuto in qualche modo complice, o peggio una sorta di Ponzio Pilato che se ne è lavato le mani.

Sappiamo cosa è successo nell'ultima settimana: gli scioperi a sorpresa dei Cobas per Gaza e per la Flotilla, la mobilitazione semipermanente di Landini che minaccia addirittura lo sciopero generale, nel caso malaugurato di uso della forza. E poi Gaza e la Flotilla, sono diventati il collante, intinto nell'indignazione, del campo largo alle elezioni regionali, perse dalla sinistra nelle Marche forse proprio per questo. La distanza dalle questioni centrali per i cittadini, come il lavoro, la sicurezza e la sanità, è troppa.

Non importa. È tutto un filo rosso di occupazioni, proteste, cortei, piazze in ebollizione, proclami in Parlamento, programmi di prima e seconda serata, prime pagine di carta e on line. Un assedio virtuale, un modo per catturare consensi trasversali nell'opinione pubblica, bombardata di messaggi a senso unico. Israele uccide (e certo il governo Netanyahu ha gravi responsabilità), ma Hamas scompare e la Flotilla che avanza piano piano è presentata come la vittima sacrificale.

Un argomento che toglie spazio agli altri, in una girandola infinita di titoli. E di pericolosissimi presagi luttuosi. In Germania e Gran Bretagna, basta scorrere le aperture di ieri, non c'è questa copertura spasmodica e dilagante. Niente su Frankfurter Algmeine Zeitung, niente su Die Welt, niente sul Daily Mail.

Bisogna andare on line o nelle pagine interne per saperne di più. Eppure la Flotilla non è un'invenzione italiana, l'armata progressista è formata da uomini e imbarcazioni di molti paesi.

In Italia è un' altra storia. E ogni ora di navigazione, ogni mossa in mare aperto, ogni sussurro e sospiro, tutto diventa materia incandescente per il dibattito fra i partiti e le coalizioni.

E per alimentare le rivendicazioni dei sindacati più radicali, e degli studenti che bloccano le lezioni e urlano ai professori. Tutti a fare il tifo per la Flotilla e a puntare il dito contro Roma e contro Palazzo Chigi.

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