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Stangata dietro l'angolo Nel 2021 le entrate cresceranno più del Pil

Il Def, nonostante lo stop alle clausole Iva, prevede un +4,5% per gli incassi dell'Erario

Stangata dietro l'angolo Nel 2021 le entrate cresceranno più del Pil

La stangata ci sarà, ma è rinviata al 2021. Il Def varato venerdì scorso lascia chiaramente intendere che l'anno prossimo l'incremento delle entrate dello Stato sarà della stessa entità di quello del prodotto interno lordo. In particolare, escludendo i 23,1 miliardi di clausole di salvaguardia su Iva e accise (che saranno sterilizzate con il decreto aprile), le entrate correnti l'anno prossimo aumenteranno del 4,5% a 819,8 miliardi a fronte di una crescita del Pil prevista al +4,7% (dopo il crollo dell'8% atteso nel 2020) attestandosi a un valore di poco inferiore a quello dell'anno scorso (837,5 miliardi).

Anche se gli incassi dell'Erario hanno sempre evidenziato un andamento divergente rispetto alla crescita economica (diminuendo meno del Pil in fasi di crisi e crescendo molto di più in quelle di moderata espansione), in questo caso, di fronte a una depressione delle attività economiche, si sarebbe forse potuta pretendere «grazia» se non proprio ottenere «giustizia». Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha invece optato per una linea «continuista» che si può tradurre con l'adagio che ha caratterizzato la manovra 2020: si continuerà a trasferire reddito dai ceti e dai settori produttivi a quelli meno produttivi e fuori dal mercato.

Basta leggere la Sezione II del Def sul quadro tendenziale di finanza pubblica per trovarsi dinanzi a uno scenario per nulla incoraggiante. «Per l'anno 2020 si stima una flessione delle entrate rispetto all'anno precedente di 39,949 miliardi. Le prospettive di ripresa economica producono effetti positivi sulle entrate previste per il 2021: le previsioni delle entrate tributarie mostrano maggiori entrate per 50,073 miliardi di euro rispetto al 2020, ascrivibili in parte al miglioramento del quadro congiunturale e, per l'altra parte, agli effetti, anche ad impatto differenziale, della Legge di Bilancio 2020 e dei provvedimenti legislativi adottati in anni precedenti».

Nella relazione al Parlamento (da martedì cominceranno le audizioni) la spiegazione è più sintetica: «Il contrasto all'evasione fiscale e le imposte ambientali, unitamente a una riforma del sistema fiscale improntata alla semplificazione e all'equità e ad una revisione e riqualificazione della spesa pubblica, saranno i pilastri della strategia di miglioramento dei saldi di bilancio e di riduzione del rapporto debito/Pil nel prossimo decennio». Dunque, proseguiranno i provvedimenti anti-evasione a cura dell'Agenzia delle Entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini (a partire dalla e-fattura per tutti), le imposte su materiali e veicoli inquinanti aspettano dietro l'angolo. La promessa di una maggiore equità fiscale potrebbe tradursi in forme rivedute e corrette di patrimoniale da non attuarsi necessariamente sotto forma di prelievo, ma anche di minore possibilità di accesso a deduzioni e detrazioni come si pensava durante l'elaborazione della legge di Bilancio. Una prassi coerente con quella che nell'introduzione del Def Gualtieri ha definito «una riforma del sistema fiscale improntata alla semplificazione e all'equità e ad una revisione e riqualificazione della spesa pubblica».

A che cosa serve tutto questo? Per 7,8 miliardi nel biennio 2020-2021 ai rinnovi contrattuali della pa, alla corresponsione di aumenti e indennità nonché al potenziamento degli organici della scuola. Circa 26 miliardi saranno destinati alle prestazioni sociali, equamente ripartite tra indennità anticrisi e spesa pensionistica. L'eredità del Covid-19 ai tempi del governo Conte è una spesa pubblica al 55% del Pil, cioè uno stato che in virtù dell'emergenza intermedia oltre la metà della ricchezza prodotta in Italia. Infine due note a margine. I contributi straordinari Ue nel 2020 sono cifrati a 4 miliardi di euro.

Le uscite per i derivati sul debito pubblico sono attese a 2,3 miliardi nel 2020 e nel 2021.

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