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Lo Stato perseguita Craxi: la figlia paghi 700mila euro

La Cassazione boccia il ricorso contro una cartella esattoriale legata all'imposta di registro per una condanna risalente al 1998. L'ira di Stefania: "È una vergogna"

Lo Stato perseguita Craxi:  la figlia paghi 700mila euro

Le colpe dei padri ricadono sui figli. Almeno se ti chiami Craxi. Ora Stefania deve pagare al fisco ben 676 mila euro di imposta di registro, dovuti per la condanna del 1998 a 4 anni e 6 mesi di reclusione di suo padre Bettino, nel processo per le tangenti della Metropolitana milanese, per corruzione e illecito finanziamento ai partiti.La Cassazione, infatti, non fa sconti. La sezione Tributaria di piazza Cavour ha infatti bocciato il ricorso della figlia del leader socialista che rivendicava la «prescrizione del diritto azionato» e, soprattutto, affermava di aver accettato l'eredità paterna con «beneficio d'inventario».Ma le sue ragioni, sostenute dai legali Giancarlo Zoppini e Giuseppe Russo Corvace, sono state respinte dai Supremi giudici. Stefania dovrà dunque pagare questa grossa somma, la cui quantificazione è rapportata al valore della causa nella quale l'ex segretario del Psi era stato condannato a risarcire la metropolitana con dieci miliardi di vecchie lire, per i danni provocati dalle sue malversazioni.L'interessata è semplicemente furiosa: «Questo Stato - dice Stefania Craxi al Giornale - si deve vergognare. Mio padre è stato condannato in processi senza prove, lui che ha reso l'Italia grande nel mondo e ha migliorato la vita di tutti i cittadini. Ora è incredibile che si chieda a me, che mi sono sempre guadagnata ogni cosa nella mia vita, di pagare una somma del genere. È l'ennesima vergogna di questo Stato e della sua magistratura»Per la Cassazione, ormai è troppo tardi perché la figlia di Bettino faccia valere la sua «ridotta responsabilità», per esimersi dal far fronte al debito erariale maturato dal padre in seguito alla sua pendenza giudiziaria penale.L'eventuale beneficio d' inventario (di cui, per i giudici, non ci sarebbe prova), cioè l'accettazione condizionata dell'eredità, doveva essere fatta presente impugnando a suo tempo l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro. Dopo, non è più possibile esimersi dal pagamento.La Craxi contesta decisamente questo aspetto. «Non è vero, io ho accettato l'eredità con beneficio d'inventario. Ho parlato con il mio avvocato e anche lui è caduto dal pero per questa sentenza. Non capisce, come non capisco io. Domani leggeremo la sentenza, che ancora non abbiamo».Per la Cassazione, invece, tutta la procedura è stata regolare, perché per la somma «infruttuosamente richiesta», l'invito di pagamento «era stato notificato in base alla sentenza il 5 marzo 2005 sicché la cartella pacificamente notificata il 15 aprile 2006 era tempestiva».La figlia del leader socialista aveva impugnato davanti alla Commissione provinciale di Milano la cartella di pagamento per l'iscrizione a ruolo di 676.717 euro per il recupero dell'imposta di registro, prenotata a debito, dovuta in riferimento alla sentenza penale di condanna pronunciata dalla Corte d'appello di Milano il 24 luglio 1998 nei confronti di Bettino Craxi.La Suprema Corte, bocciando il ricorso, ha ricordato che nel caso in questione «non è stato impugnato il titolo a mezzo del quale era stata fatta valere illimitatamente dall'erario, nei riguardi dell'erede, la pretesa obbligatoria» relativa al debito tributario di Bettino Craxi.E i Supremi giudici hanno contestato l'aspetto della prescrizione, perché per il calcolo dei tempi, in caso di procedimento di riscossione del tributo di registro relativo alle imposte prenotate a debito su atti giudiziari, è applicabile il termine decennale di prescrizione e non quello cui faceva riferimento la difesa della figlia di Bettino.Quindi, come erede di suo padre, Stefania dovrà far fronte al suo debito tributario. Il verdetto della sentenza 23061 della Sezione tributaria della Cassazione non lascia spazio a dubbi.

Riceviamo e pubblichiamo:

Caro Direttore,
in rifermento all’articolo – intervista pubblicato sul suo quotidiano in data 12 novembre 2015 “Lo Stato perseguita Craxi: la figlia paghi 700mila euro”, tengo a precisare che quando parlo del “mio Avvocato”, mi riferisco a colui che è subentrato a seguire le procedure relative all’eredità di mio Padre e non dei legali Giancarlo Zoppini e Giuseppe Russo Corvace che mi hanno assistito esclusivamente nella seconda fase del processo relativo al pagamento della tassa di registrazione della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di Appello di Milano il 24 luglio 1998.


La ringrazio per la sua disponibilità a chiarire il mio pensiero.
Stefania Craxi

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