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Storari svela il metodo Milano. Quelle trame sul processo Eni

L'interrogatorio del pm a Brescia: "De Pasquale mi disse di tenere fermo il fascicolo sulla loggia Ungheria..."

Storari svela il metodo Milano. Quelle trame sul processo Eni

Fu la Procura di Milano a permettere a Piero Amara, il grande calunniatore del caso Eni, di evitare il carcere e ottenere l'affidamento ai servizi sociali: per i pm milanesi Amara era sincero. E questa benedizione gli venne concessa perché salvare Amara serviva a ottenere la condanna dei vertici dell'Eni. Che questo fosse lo scenario lo si era ipotizzato. A dirlo esplicitamente, e quasi con crudezza, è nei suoi verbali il pm Paolo Storari, che Amara invece voleva incriminarlo insieme al suo complice di manovre Vincenzo Armanna.

Il 21 maggio 2021 Storari viene interrogato dalla Procura di Brescia che lo accusa di avere rivelato i verbali segreti di Amara a Piecamillo Davigo. E spiega così il suo stato d'animo, quando chiedeva invano ai suoi capi di scavare sulla loggia Ungheria di cui gli aveva parlato Amara: «Io non vengo manco considerato, un muro di gomma sui sbatto e ho sbattuto fino all'altro giorno». A essere inaccettabile per Storari è che intanto i verbali di Amara vengano usati contro il giudice del processo Eni: «Perchè quando si tratta di andare a verificare la bontà o la falsità delle dichiarazioni di Amara su Ungheria si sta fermi immobili e poi invece quando si tratta di utilizzare quelle medesime dichiarazioni provenienti dal medesimo soggetto lo si fa in serenità?».

Per smuovere le acque «prendo la decisione di parlare con un consigliere del Csm, non con un amico, io Davigo lo conosco ma lo conosco diciamo in via per Alessandra Dolci (capo del pool antimafia di Milano, ndr) con cui ho lavorato. Prima gli chiedo telefonicamente senti qua c'è uno che sta parlando di una loggia che è una cosa grave, Piercamillo (... ) poi sono andato due volte a casa sua. Gli chiedo: ma io Piercamillo di queste cose posso parlare con te? E lui mi dice sì Paolo io sono un consigliere del Csm a me questo segreto non è opponibile (...) allora vado a casa prendo la chiavetta con sopra i verbali e gli spiego (...) io ho fatto quello che dovevo fare in coscienza».

Su suggerimento di Davigo, Storari inizia a mettere le sue richieste per iscritto e un po' alla volta le cose si muovono. Ma intanto l'avvocato di Amara scrive alla procura di Milano segnalando che il 5 maggio il torbido ex legale di Eni doveva affrontare davanti al tribunale di sorveglianza di Roma un'udienza decisiva per evitare il carcere, e chiede che la Procura di Milano attesti «la effettività della condotta collaborativa dell'Amara rispetto alle indagini che lo vedono coinvolto», la «utilità e la rilevanza del contributo fornito». È un contributo, come è noto, farcito di falsità, Storari ha già scritto ai suoi capi che «Amara e Armanna sono due grandissimi calunniatori». Ma il 24 aprile la Procura dà il via libera, «Amara - viene messo per iscritto - è un soggetto che ha rescisso ogni legame con ambienti criminali». Grazie a quel riconoscimento l'avvocato siciliano ottiene l'affidamento ai servizi sociali.

Nel suo interrogatorio, Storari sostiene di avere chiesto ripetutamente conto ai suoi capi della «attendibilità a geometria variabile», per cui sulle rivelazioni di Amara su Ungheria non si indagava ma le si usava nel processo Eni. «Secondo me, allora ce la diciamo proprio tutta? Me ne assumo le mie responsabilità, ok? Dicembre 2019, Amara sta parlando di Ungheria, ho una interlocuzione col dottor De Pasquale che mi dice: questo fascicolo per due anni dobbiamo tenerlo nel cassetto». D'altronde «io sempre avuto non un buon rapporto con il dottor De Pasquale ci litigavo spesso, e a un certo punto mi sono fatto un file sul mio computer in cui mi segnavo le porcherie che faceva». E perché De Pasquale avrebbe avuto interesse a tenerlo due anni nel cassetto? «Non bisognava disturbare il processo Eni-Nigeria. Se noi avessimo avuto la prova che Amara e Armanna dicevano delle palle le chiamate in correità di quel processo Eni-Nigeria finivano e questo non poteva essere consentito. Adesso forse può capire la condizione in cui mi sono trovato, una roba del genere a me non è stata detta mai in tutta la vita (...) questa è una vergogna (..) se si fosse scoperto che Armanna e Amara erano due calunniatori questo voleva dire la morte di quel processo che la Procura di Milano non poteva e doveva perdere».

Più che un interrogatorio quello di Storari diventa uno sfogo «non volevo dargliela vinta, mi sono battuto fino alla fine, in pieno Covid andavo in giro come un coglione da solo per l'Italia cercando riscontri e smentite» perchè «siamo di fronte a un fascicolo in grado di far cadere il paese, ci sono i massimi vertici delle forze dell'ordine, i componenti del Csm».

Morale: «Io sono veramente convinto che questa roba è stata gestita una merda».

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