Strage di Bologna, Bellini aggredito con la lama in cella. "Ora va trasferito"

Assalito da un detenuto con punteruolo. Il legale: "Serve istituto per collaboratori"

Strage di Bologna, Bellini aggredito con la lama in cella. "Ora va trasferito"
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Pugnalato in carcere. Paolo Bellini, l'ultimo terrorista nero a finire dietro le sbarre per la strage di Bologna, è stato aggredito da un altro detenuto nella casa circondariale Ettore Scalas di Cagliari. A pochi giorni dalla condanna definitiva all'ergastolo pronunciata dalla Corte di Cassazione, Bellini è stato colpito da un cittadino marocchino con un punteruolo ricavato da uno spazzolino da denti. Persona che Bellini nemmeno conosce.

L'esponente di Avanguardia Nazionale, collaboratore di giustizia, avrebbe schivato il colpo diretto al volto rimanendo lievemente ferito a un braccio. Quanto basta perché il suo legale, Antonio Capitella, torni sul trasferimento urgente in una struttura riservata ai collaboratori. "È in un carcere assieme ai comuni - spiega l'avvocato - ma con le sue dichiarazioni ha mandato all'ergastolo una trentina di persone. Non fa vita comune per prudenza e questa aggressione ci preoccupa. Avevamo già inviato una delega per l'istanza di trasferimento in un istituto per collaboratori, magari in quello di Campobasso".

Il quinto uomo del drammatico attentato dinamitardo alla stazione di Bologna è stato medicato in infermeria mentre il suo aggressore è stato denunciato. Ignoti i motivi per cui lo straniero l'avrebbe preso di mira. Interrogato, l'uomo non dice una parola. Eppure i due non avrebbero mai avuto screzi o discussioni. A pochi giorni dall'anniversario della strage alla stazione del 2 agosto 1980 si torna a parlare di uno degli esecutori rimasto impunito per decenni.

L'ultimo a finire (e a stare) in galera, con 85 vittime e 200 feriti sulla coscienza. Sono le 10,25 di un sabato affollatissimo dalle partenze per le vacanze quando un boato rompe il chiacchiericcio nella sala d'aspetto della seconda classe. Sono 23 chili di esplosivo, 5 di tritolo e 18 di T4 potenziato con nitroglicerina. Chi ha preparato l'ordigno non vuole fallire. "Hai visto che botto?" commenterà Giuseppe Valerio, "Giusva", Fioravanti con un camerata, Massimo Sparti. L'ala ovest della struttura principale e parte della pensilina crollano su centinaia di turisti e vacanzieri. Sulle prime si pensa allo scoppio di una caldaia poi la verità, orrenda, che nessuno può immaginare. È l'apice della strategia della tensione, messa in atto da un gruppo di neofascisti ragazzini. Il più piccolo, Luigi Ciavardini, non ha ancora compiuto 18 anni. Fioravanti si sarebbe confuso fra la folla, prima dell'innesco della bomba a orologeria, vestito da tirolese. Oltre a Fioravanti e a Ciavardini, che si sono sempre dichiarati innocenti, vengono condannati per strage Francesca Mambro, poi moglie di Fioravanti, e Gilberto Cavallini, con otto ergastoli già sulle spalle. Ma c'è un quinto uomo dentro l'attentato.

È lui, Paolo Bellini, riconosciuto da un fermo immagine di una telecamera.

È Bellini a portare la valigia con l'esplosivo e a piazzarla su un tavolino portabagagli nella sala gremita di gente. Nonostante le condanne per gli esecutori materiali, i mandanti restano impuniti. Sabato al via la commemorazione del 45esimo anniversario del più grave atto terroristico dal secondo dopoguerra

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