Giocavano. Semplicemente. Ma quello che hanno preso a calci come un pallone era un ordigno rimasto a terra. Ora tre ragazzini di 15, 13 e 12 anni sono ricoverati in gravi condizioni nel villaggio di Obilne, vicino a Zaporizhzhia. Lo riferisce il Servizio di emergenza ucraino. I militari ricordano che i russi usano mine antiuomo, anche quelle cosiddette «a farfalle» che possono essere di vari colori. Un altro pericolo, avvertono sempre i militari, sono gli ordigni inesplosi che «possono sembrare un giocattolo, un telefono cellulare, una penna a sfera: qualsiasi oggetto può essere riempito di esplosivo».
Dopo un mese dall'inizio della guerra, anche giocare è diventato un lusso. I bambini ucraini il 24 febbraio hanno lasciato le loro stanzette dalla sera alla mattina, avevano i vestiti pronti sulla sedia per andare a scuola e invece li hanno indossati in fretta e furia per scappare. Non hanno portato con sè giocattoli. Nelle pause tra una sirena e l'altra, si divertono con niente, con quello che trovano, scivolano sulle scale dei sotterranei come fossero al parco. E si tuffano a curiosare fra tutto ciò che vedono a terra, soprattutto se è colorato. Come possono pensare che un giocattolo sia una trappola studiata apposta per uccidere? Eppure.
Quando la guerra va a colpire l'infanzia sembra ancora più atroce, perchè oltre all'innocenza c'è l'ingenuità, c'è quella semplicità che spinge un qualsiasi ragazzino a toccare un oggetto che luccica. Finora sono 128 i bambini uccisi dal conflitto. Di alcuni conosciamo il volto e il nome, di altri no. Altri ancora sono rimasti o resteranno orfani. E tanti, tantissimi sono in fuga: in base al primo rapporto dell'Unicef, uno su due ha lasciato la sua casa. La priorità del Paese è stata: salvare i bambini, anche a costo di dividere in due la famiglia e lasciare il papà al fronte, anche a costo di metterli su un pullman da soli con in tasca un indirizzo scritto su un foglietto di carta.
A Medyka o a Dorohusk, in qualsiasi città di frontiera tra Polonia e Ucraina, non c'è donna che non attraversi il confine tenendo per mano un bambino o una bambina. Non c'è nonna che non cerchi di tranquillizzare il nipotino.
Una situazione «mai vista prima - ammette il portavoce Unicef James Elder - quasi impossibile da affrontare».
Secondo l'Unicef, 4,3 milioni di bambini (sui 7,5 milioni totali) hanno lasciato le loro case in Ucraina. Più di 1,8 milioni di loro sono diventati rifugiati, mentre altri 2,5 milioni sono sfollati all'interno del loro Paese devastato dalle bombe.
I bambini arrivano alla frontiera spesso senza documenti, spesso senza genitori. «Lì il controllo è poco efficace, e gli autisti dei mezzi diventano in qualche modo i loro tutori» spiega Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro che, insieme con l'Intergruppo del Parlamento europeo sui diritti dell'infanzia, ha fatto parte di un viaggio al confine tra Polonia e Ucraina. Se fuori dai confini la solidarietà è tanta, non si può dire che, una volta lasciata l'Ucraina, i bambini siano in salvo. Il rischio che finiscano in cattive mani è altissimo. «I bambini sono a rischio tratta - è l'allarme dell'Unicef - La guerra sta portando ad una massiccia ondata di rifugiati, condizione che porta ad un picco significativo nella tratta di esseri umani». «C'è una grande volontà di fare bene - conclude Caffo -, ma manca un coordinamento reale.
Bisogna capire come affrontare il problema in maniera organica e confrontarsi con esperienze in episodi simili, come quello dell'uragano Katrina negli Stati Uniti». Nel frattempo, ovunque, le famiglie italiane aprono la porta di casa e ospitano.
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