Tra un'uscita sulle Ong, un'altra sulla chiusura dei porti e qualche proclama sparso sulla stabilizzazione della Libia, il M5s prova ad accaparrarsi la propria fetta di campagna elettorale sull'emergenza immigrazione. Mentre il candidato premier in pectore Luigi Di Maio non perde occasione, nemmeno ieri da Giffoni, per rilanciare che «come movimento abbiamo chiesto sempre e solo una cosa: chiudiamo i porti alle Ong che non seguono le regole della nostra Marina», dal blog delle stelle piovono pillole sul prossimo programma Immigrazione che il Movimento sottoporrà su Rousseau ai suoi iscritti. Dopo quelli su Giustizia e Salute, ecco il manifesto delle soluzioni di un ipotetico governo grillino di fronte all'esodo dall'Africa: «Obiettivo sbarchi zero». Come? Con i migranti in fila ai consolati, con sponsor che paghino le spese di accoglienza e migliaia di assunzioni al Viminale per gestire le richieste di asilo.
Sul blog si alternano i pareri di esperti che dettano l'indirizzo politico del futuro esecutivo. Ecco che il docente Paolo Morozzo della Rocca, guru di Sant'Egidio, offre la soluzione per fermare i barconi: esaminare i visti a casa loro. Le centinaia di migliaia di richiedenti asilo che si spostano dall'Africa dovrebbero mettersi in coda ai consolati dei Paesi d'origine e lì «fare domanda di visto ai Paesi dove vorrebbero andare». Ma a quanti di loro concedere i permessi? Servirebbe «una quota annuale sufficientemente consistente» e dei «criteri di priorità». Come, nel caso dell'Italia, potrebbe essere «l'avere già un parente a Milano».
Ai migranti economici e per chi non è in fuga dalla guerra e da persecuzioni, ovvero il 90% di chi arriva oggi sulle nostre coste, dovrebbero pensarci degli improbabili sponsor, con «una quota di ingressi autorizzabili in presenza di un privato: qualcuno che invita e sostiene, accoglie, paga delle spese». Consolati e benefattori, dunque. Ma spunta anche un piano per velocizzare le richieste di asilo che intasano le commissioni e per ridurre i tempi di permanenza abbattendo così il «business delle cooperative». Prevede l'assunzione di «15mila giovani laureati in materie sociali e formati gratuitamente». Costo? «540 milioni di euro annui» ma è «l'equivalente di circa tre mesi di accoglienza per 150mila richiedenti asilo». Fondamentale poi che le audizioni dei migranti vengano registrate in videoconferenza e non trascritte, perché «le Commissioni sono solo parzialmente indipendenti, avendo uno stretto legame con il ministero». Come se il Viminale non fosse una garanzia sufficiente di imparzialità: «Nessun verbale o trascrizione potrà essere più veritiero delle parole stesse della persona».
Ci sono anche i proclami sul regolamento di Dublino, da cambiare, perché condanna l'Italia a farsi carico di tutti i migranti che vi sbarcano in quanto Paese di primo approdo. Come se il punto non fosse già in cima dell'agenda italiana in Europa ma tutt'ora sia congelato per i veti dei Paesi membri. Nell'incubatore del programma grillino anche critiche al meccanismo della relocation, l'accordo Ue di redistribuzione dei migranti da Italia e Grecia negli altri Stati europei, siglato nel 2015 ma miseramente fallito: a fronte di 40mila migranti da trasferire dal nostro territorio, l'Europa si è fatta carico di appena 7mila stranieri. Pugni sul tavolo, dunque, promette il M5s.
L'impegno deve divenire «un obbligo», non una facoltà, che è «uno dei motivi per il quale questo sistema non ha funzionato». Come se la battaglia non fosse già in corso col governo che invoca il rispetto dei patti di fronte ai mulini a vento di Bruxelles.
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