Roma - Nell'affaire della casa di Montecarlo solo la genesi del rapporto tra Corallo e i Tullianos non è chiara. L'inchiesta di Antimafia e Scico, per il resto, ha svelato ogni dubbio, con buona pace delle panzane sparate per anni dai protagonisti della vicenda, in malafede o per coglioneria. Quello che ancora non si sa, invece, è come, quando e attraverso chi Giancarlo, Elisabetta e Sergio Tulliani hanno conosciuto il patron di Atlantis. Sulla consistenza dei rapporti non ci sono dubbi. Di «stretta vicinanza di Francesco Corallo alla famiglia Tulliani» parla l'ordinanza del gip, snocciolando come prove le copie dei passaporti di Giancarlo ed Elisabetta (risalenti a marzo 2008) ritrovate nell'ufficio di Corallo durante una perquisizione alle lettere di referenza «ricevute da Elisabetta Tulliani e utilizzate per l'apertura di conti correnti esteri di Timara», anche queste datate agosto-settembre del 2008, oltre agli scambi di messaggi per «sistemare» pagamenti e rimborsi. Poi c'è la più clamorosa delle cartine di tornasole di quella «stretta vicinanza»: i flussi consistenti di denaro fatti transitare da Corallo sui conti correnti aperti all'estero da Giancarlo (a Montecarlo) e dal padre, Sergio (a Bruxelles, con causale «decreto78/2009»), e soprattutto i bonifici con cui Corallo ha finanziato gli acquisti in serie della casa monegasca di Tulliani jr, da An a Printemps e da Printemps a Timara: «In ragione della prima operazione - si legge nelle carte - Tulliani diviene proprietario; in ragione della seconda acquisisce una somma di denaro in contanti, con l'astratto titolo giustificativo di una seconda alienazione». Ma quei bonifici non sono stati gli unici. Il re delle slot ha infatti spedito alle «celebri» società offshore dei Tullianos «ingenti somme di denaro provenienti dai conti caraibici di Corallo - annota il gip romano Simonetta D'Alessandro - sui quali dette somme erano giunte dai conti inglesi di altre società del Gruppo, provenendo dai conti della società concessionaria italiana e oggetto di peculato». E non è finita, perché proprio quella complessa ragnatela di società offshore che aveva permesso a Tulliani di occultarsi come «acquirente» della casa donata dalla contessa ad An è l'ennesimo contributo offerto da Corallo alla new family dell'allora presidente della Camera Gianfranco Fini. Walfenzao e la Corpag di Saint Lucia sono la struttura di gestione delle società fiduciarie di Corallo, scrivono gli inquirenti. E lo sono da prima che diventassero anche lo schermo di Tulliani intorno all'acquisto (e alla rivendita del 2015 con ricca plusvalenza, ancora tutta da valutare) dell'appartamento di Boulevard Princesse Charlotte. «Dalla documentazione sequestrata nel presente procedimento si evince che le società offshore sono riconducibili a Tulliani e che Corpag, struttura esterna all'associazione ma operante per gli interessi di Corallo e dei suoi soci, si è occupata della costituzione e della gestione economica e finanziaria delle stesse società».
Perché? Che interesse aveva Corallo ad «aiutare» i Tulliani, comprargli casa, bonificarli, dotarli di una struttura societaria offshore e meditare - cambiando idea all'ultimo secondo - di cedere alla Timara di Giancarlo ed Elisabetta il 10 per cento della Atlantis? Non era certo per le qualità imprenditoriali di famiglia, visto che gli inquirenti
ricordano come «le attività economiche della famiglia Tulliani sono state svolte, in Italia, attraverso tre società, non più attive e volontariamente liquidate poichè in perdita». Una domanda che è l'ultimo giallo del caso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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