Benedetti i lavoratori stranieri. Se servono non è solo perché sono disposti a svolgere mansioni snobbate dagli italiani e quindi a pagare i contributi per finanziare le casse della previdenza.
Secondo il presidente dell'Inps Tito Boeri hanno anche un pregio molto particolare, quello di vivere poco. Molto meno rispetto agli italiani autoctoni che vantano il primato di una delle aspettative di vita più lunghe del pianeta. Anche per questo i lavoratori stranieri, sottinteso quelli che vengono da paesi più poveri dell'Italia, secondo l'economista milanese salveranno i conti della previdenza italiana.
La valutazione è contenuta nell'intervento che o stesso Boeri tenne l'anno scorso alla presentazione del rapporto Inps. Allora passò un po' inosservata, oggi può servire a capire come mai il presidente dell'istituto di previdenza preferisca puntare sui lavatori stranieri piuttosto che sui disoccupati nostrani. «I nostri dati - spiegò - ci dicono che gli immigrati oggi in Italia hanno una speranza di vita più breve di quella utilizzata per definire ammontare e durata delle pensioni e questo significa che, anche nell'ambito del metodo contributivo, pagano molto di più di quanto ricevano tenendo conto di versamenti e prestazioni durante l'intero arco della vita».
In sintesi i requisiti per la pensione e anche i complessi calcoli degli assegni, sono tarati sulle aspettative di vita degli italiani, ma valgono per tutti. Anche per i lavoratori stranieri che vivono molto meno. Una mezza fregatura per loro e al contempo una manna per i conti della previdenza.
Per fare qualche esempio (Boeri non ne fece), il primo gruppo di immigrati in Italia sono comunitari, i Romeni. La speranza di vita nel paese di origine è di 72,5 anni, in Italia 82. Dieci anni in meno. Centoventi assegni mensili risparmiati, dal punto di vista dell'Inps. In Albania a la vita media è intorno ai 76 anni, in Marocco 71 e in Cina 73. Non sorprende che dal punto di vista puramente contabile, uno straniero sia migliore di un disoccupato nostrano, magari in buona salute.
Se la loro aspettativa di vita resterà così bassa, sulla base delle nuove regole, compresi gli adeguamenti periodici dell'età della pensione e dell'ammontare della rendita, i lavoratori stranieri faranno in tempo a incassare la rendita per pochi anni, a differenza di chi è nato nel Belpaese.
Le prime ondate di pensionati stranieri arriveranno comunque dopo il 2060, l'Inps non è in grado di capire quanto incideranno sui conti. Già oggi in molti vanno via prima di avere maturato i requisiti minimi lasciandoci i loro contributi, spiegò Boeri.
Realpolitik previdenziale, oppure un argomento un po' forzato a favore dell'importazione di forza lavoro. È infatti difficile fare previsioni. L'aspettativa di vita degli stranieri, grazie al sistema sanitario universale e allo stile di vita italiano, potrebbe ad esempio aumentare repentinamente mandando in malora le previsioni dell'Inps. Senza contare i costi della sanità, che sono comunque spesa pubblica.
Comunque sono clienti perfetti per il sistema previdenziale italiano secondo lo scenario delineato da Boeri.
Altrove si fanno altre scelte. Persino in Cina, dove la politica del figlio unico è stata accantonata anche per mettere al sicuro le pensioni future. Una politica pro famiglia, nessun tentativo di incentivare l'immigrazione.
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