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Stranieri qui per le cure Ma il sistema è al collasso e pagano solo gli italiani

Il racconto di un medico: sempre più spesso arrivano immigrati che provano a sfruttare le pieghe della legge

Stranieri qui per le cure Ma il sistema è al collasso e pagano solo gli italiani

Milano ore 9,30 ambulatorio di cardiologia. Si presentano due giovani donne velate egiziane, di cui una in gravidanza, che si affacciano alla porta della stanza con un'impegnativa di visita cardiologica. Entrano, non una parola di italiano, cerchi di farti capire. «Signora perché fa questa visita?». A gesti ti mostra il pancione e la tessera sanitaria, nonché un documento di identità con scritto: ricongiungimento familiare. Cerchi di chiedere: «Come sta? Da quanto tempo è qui? Prende delle medicine?». Nulla. Con il telefonino chiamano un uomo, a detta loro il marito che in un italiano stentato ti dice: «Mia moglie è qui per partorire». Lei conferma che a dieci giorni dal parto sono venute in Italia. E qualche mese prima un'altra visita. Avanti e indietro dall'Egitto.

Altro caso: donna rumena anziana, la figlia da qualche anno vive a Milano. Scoprono alla mamma malattia di cuore in Romania e la portano in pronto soccorso da noi. Viene ricoverata con un successivo parere cardiochirurgico che conferma le indicazioni per un intervento. Spieghi ai parenti che la signora deve avere la tessera sanitaria obbligatoria, ma loro si rifiutano assolutamente di andare al consolato perché lì gli fanno perdere tempo e la pratica costa 40 euro. La paziente viene operata.

Sono tanti i casi che vediamo sempre più spesso nei nostri ospedali di persone che, in modo più o meno congruo o furbesco, sfruttano le cosiddette pieghe della legge: se sono qui non possiamo farci nulla, dobbiamo intervenire. E che dire dei sempre più spesso utilizzati codici Stp (Straniero temporaneamente presente, ovvero più semplicemente stranieri non in regola con il permesso di soggiorno) che tanti immigrati utilizzano per le prestazioni?

Premessa: come medico e cristiano sono per la solidarietà, ma non sono disposto a chiudere gli occhi di fronte ai giochi di furbizia che stanno ormai diventando una prassi. Perché bisogna rendersi conto che per il nostro sistema sanitario non è più possibile sostenere un carico di lavoro e di spesa che sempre più grava sulle casse del nostro servizio pubblico e quindi sulle nostre tasche di cittadini.

Urgono delle scelte per regolamentare e razionalizzare tutto questo, soprattutto nella nostra Regione perché la Lombardia è assai attrattiva per gli utenti, ma allo stesso tempo vede sempre di più allungarsi le liste di attesa per i nostri cittadini.

Gli operatori sanitari si prodigano, fanno molto spesso molto più di quanto sarebbe nel loro mansionario, ma le istituzioni non possono più rifiutarsi di mettere un freno a questo «turismo del parto» o al «turismo delle operazioni». A tutto c'è un limite.

Stefano Carugo
direttore del reparto di Cardiologia dell'Ospedale San Paolo di Milano

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