La strategia sulla Tav fa esplodere gli azzurri

Il Cavaliere tentato dall'imboscata in Senato, ma i deputati alzano le barricate

La strategia sulla Tav fa esplodere gli azzurri

Tra i banchi di Forza Italia alla Camera l'hanno ribattezzata, con una buona dose d'ironia, «la rivolta degli schiavi». Di certo, c'è che dopo mesi di apparente calma piatta, ieri nel giro di qualche ora il partito di Silvio Berlusconi è diventato una polveriera. Il motivo del contendere sono le mozioni sulla Tav che il Senato voterà tra martedì e mercoledì. Questione in buona parte contingente, perché il tema di fondo resta lo scenario complessivo. Da una parte i destini di Forza Italia. E dall'altra i rapporti con la Lega di Matteo Salvini se davvero si andasse a elezioni anticipate.

Nonostante la cosiddetta finestra elettorale di ottobre sia ormai di fatto chiusa, non solo dentro Forza Italia ma anche nella Lega c'è chi pensa che sulla Tav si possa infatti aprire un vero e proprio caso politico destinato a terremotare l'esecutivo. Di qui l'ipotesi che la prossima settimana al Senato gli azzurri possano uscire dall'Aula quando verrà messa ai voti la mozione no Tav del M5s. A quel punto, visto che anche Fratelli d'Italia è su questa linea, la risoluzione dei Cinque stelle (sulla carta 106 voti) potrebbe anche passare. Lega e Pd, infatti, contano 110 senatori e sarebbe dunque sufficiente qualche assenza per far approvare la mozione. Che giuridicamente non ha alcun valore, ma che potrebbe avere un forte contraccolpo politico sull'esecutivo.

Per questo nel consueto pranzo di Arcore del lunedì si è valutata l'ipotesi di uscire dall'Aula nonostante sulla Tav Forza Italia abbia una linea chiara. Scenario, questo, di cui si è discusso ieri mattina in una riunione con una trentina di deputati azzurri. Che, contrariati da una linea che non è stata condivisa dai gruppi parlamentari, hanno deciso di dare fuoco alle polveri. Il tema è diventato argomento di conversazione anche tra i banchi di Montecitorio e con toni accessi. Poi scambi di messaggi whatsapp tra deputati e con i senatori, infine i primi lanci di agenzia, alcuni dei quali sono stati inizialmente bloccati dagli uffici della Camera di Forza Italia per cercare di «sedare» la rivolta. Persino Stefano Mugnai, uno dei cinque vicecapigruppo azzurri, e l'ex ministro Renato Brunetta sono stati «invitati» a ritirare i loro comunicati. Finché sul punto è intervenuto il vicepresidente vicario dei deputati Roberto Occhiuto chiedendo al capogruppo Mariastella Gelmini di «convocare» i parlamentari della Camera per «condividere la linea politica» del partito sulla Tav. Un'uscita non troppo apprezzata, se qualche minuto dopo tra i banchi di Montecitorio ci sarebbe stato un acceso battibecco tra i due.

Il caso, dunque, esplode. Con molti deputati che invitano a «evitare giochi di Palazzo» perché, dice Osvaldo Napoli, «far cadere il governo è importante», ma «lo è ancora di più essere coerenti sulla Tav». Il braccio di ferro, però, è anche sull'opportunità di cercare adesso la spallata all'esecutivo, soprattutto senza la certezza che in caso di elezioni anticipate si arrivi a un «congruo» accordo sui collegi con Salvini. Anzi, il rischio concreto è che la Lega possa correre da sola, il che significherebbe che dei 104 deputati e 61 senatori azzurri ne tornerebbero in Parlamento meno del 25%. Non è un caso che tra Montecitorio e Palazzo Madama più d'uno si dica pronto a lasciare il gruppo.

Berlusconi,

da parte sua, segue tutta la vicenda dalla Sardegna, pare «senza troppa passione». I parlamentari azzurri erano stati rassicurati circa un suo intervento pubblico sulla vicenda Tav. Ma a tarda sera ancora non era arrivato.

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