
Una violenza che poteva essere evitata. Il maliano che il 30 agosto ha minacciato, aggredito e stuprato per mezz'ora una diciottenne alla stazione di San Zenone al Lambro, Milano, era stato trattenuto in un Cpr nove mesi fa. Per il questore era, tra l'altro, "socialmente pericoloso" perché la compagna lo aveva denunciato per le violenze subite da lei e dalla figlia. Ma un giudice milanese non aveva convalidato quel trattenimento.
Così il 25enne Harouna Sangare, ora in carcere con l'accusa di violenza sessuale aggravata, era tornato libero. Aveva trovato lavoro come aiuto cuoco nello stesso centro dove abitava, la Casa della Solidarietà di via Saponaro, a Milano, mentre la sua convivente e sua figlia erano in una località protetta. La donna, infatti, a luglio del 2024, pochi giorni dopo l'arrivo in Italia di Sangare, aveva presentato una denuncia-querela ai carabinieri di Pieve Emanuele, riferendo delle violenze subite da lei e dalla bambina - dall'uomo. A novembre, l'Arma aveva trasmesso alla procura la notizia di reato. E il 5 dicembre ecco la decisione del questore: Sangare va trattenuto al Cpr "Corelli" di Milano. Sia perché quel precedente di violenza e maltrattamenti ne sottolineava la pericolosità sociale, sia per "determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento", anche perché per la questura c'era anche "il rischio di fuga", non avendo l'uomo documenti in corso di validità, citando nel provvedimento due punti dell'articolo 6 del decreto legislativo 142/2015. Ma il grave precedente di violenza domestica, il mancato possesso di documenti validi e la necessità di trattenere l'uomo per completare l'istruttoria sulla sua domanda d'asilo non sono bastati a convincere Elisabetta Meyer, giudice della sezione specializzata immigrazione del Tribunale di Milano. Lei da gip era già finita sui giornali nel 2016 per la sua decisione sull'arresto di un camionista cingalese che aveva aggredito sua moglie tentando di sfigurarla con un ferro da stiro: poiché aveva "ammesso i fatti contestati", pur se minimizzandoli, l'allora gip lo aveva liberato. A dicembre, invece, Meyer ha smontato il provvedimento della questura, sia sul punto del pericolo di fuga (per il giudice non sufficiente da solo a motivare il trattenimento) che quanto alla pericolosità sociale. Non bastavano denuncia e notizia di reato per la giudice, che nelle motivazioni ha azzerato il "grave precedente penale per il reato di maltrattamenti in famiglia e verso i fanciulli" citato dal questore, sostenendo, per smontarlo, che "la valutazione di pericolosità sociale non può che essere prognostica" ossia dovrebbe guardare al futuro e che non può "fondarsi su automatismi ed essere sostenuta soltanto da una finalità di prevenzione e di pubblica sicurezza intesa in senso lato".
Tanto è bastato, quella mattina del 9 dicembre dello scorso anno, perché la giudice Meyer non convalidasse il trattenimento e mandasse libero Sangaré. Che una volta fuori ha dimostrato tragicamente quanto fosse fondato il timore della questura.
Lo ha fatto in una sera di fine agosto, "senza pietà" per usare le parole del gip che ne ha convalidato l'arresto. Segnando per sempre la vita di una ragazza che voleva solo prendere l'ultimo treno per tornare a casa e si è ritrovata trascinata in un incubo.