La storia la raccontò il regista italo-svedese Erik Gandini nel documentario La teoria svedese dell'amore: un uomo si ammazzò impiccandosi al soffitto di casa sua, ma il cadavere venne scoperto solo due anni dopo. Sul tavolo il suicida aveva anche lasciato una busta piena di soldi per l'ufficiale giudiziario che avrebbe dovuto pensare al suo funerale. In Svezia non si muore di povertà, fame o disoccupazione, ma di solitudine. Era il '72 quando le cose cominciarono a cambiare: il partito socialdemocratico varò il manifesto La famiglia del futuro e si decise che le relazioni umane si sarebbero dovute basare su una fondamentale indipendenza tra le persone. «Liberare le donne dagli uomini, gli anziani dai figli, gli adolescenti dai genitori», spiega la voce fuori campo di Gandini.
La Svezia, nell'immaginario comune, è il Paese in cui vivere: molto ricco (nel 2016 il Fmi lo piazzava 12esimo su 190 Stati per Pil pro capite), sempre in cima alle classifiche che misurano la qualità di vita e persino l'indice di felicità (la stila l'Onu), molto open-minded, con tasse alte ma in cambio di uno stato sociale equo ed efficiente, che garantisce assistenza sanitaria universale, istruzione gratuita e un sistema di welfare che protegge il cittadino «dalla culla alla tomba». Ma il Paese scandinavo ha anche un'altra faccia, che prende le mosse proprio da questa abbondanza. A volte si citano statistiche fantasiose, ma è vero che Stoccolma continua a registrare un numero di suicidi più alto della media. Nella classifica 2009-2011, sui 107 Paesi del mondo considerati, la Svezia è al 34esimo posto con un tasso di 12 suicidi ogni 100mila abitanti. Ed è anche, insieme alla Danimarca, tra gli Stati europei in cui si registra il numero più alto di aggressioni sessuali.
Lo stesso Paese dove le differenze di genere sono pressoché nulle e che già nel 1994, primo al mondo, vantava un Parlamento composto per metà da donne. Dati rilevati dall'Eurostat relativi al 2015 parlano di 178 violenze sessuali ogni 100mila abitanti, il numero più alto registrato in Europa (al netto del fatto che la definizione di violenza sessuale non è omogenea e anche la modalità di raccolta dei dati varia).
Stoccolma è in seconda posizione (dopo il Belgio) anche per un altro primato europeo poco gradito: il maggior numero di foreign fighters per abitante, almeno 300 solo tra 2013 e 2017, partiti per Siria e Irak con l'obiettivo di unirsi all'Isis o ad altre formazioni estremiste. E restando in tema di radicalismi, il Paese del Nobel è anche sempre più orientato verso la destra più estrema.
Non solo vecchi rapporti col nazismo (anche il recentemente scomparso patron di Ikea da giovane era stato un nazista convinto), ma anche nuove tendenze: il partito nazionalista «Democratici Svedesi», definito qualche mese fa dal primo ministro Stefan Löfven «nazista e razzista», sta guadagnando sempre più consensi e potrebbe essere la vera sorpresa delle prossime elezioni legislative di settembre.
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