"Su Etruria il pm Rossi ha perso la credibilità: incompatibile a Arezzo"

Il membro laico del Csm, l'unico contrario alla «grazia»: «Salvato per oscuri motivi»

"Su Etruria il pm Rossi ha perso la credibilità: incompatibile a Arezzo"

«Roberto Rossi non può continuare a fare il procuratore capo della Repubblica di Arezzo, il suo ruolo è ormai appannato e ha perso di ogni credibilità». Dopo il voto contrario del Csm e l'archiviazione del «caso Rossi» per incompatibilità ambientale, relativa ai suoi rapporti con Pier Luigi Boschi, ex vice presidente di Banca Etruria, e al suo ruolo di consulente giuridico del governo, l'ex senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, oggi membro laico del Csm, ne è ancor più convinto.

Avvocato Zanettin, come mai, secondo lei, Rossi non sarebbe compatibile?

«Personalmente ritengo che la credibilità e l'immagine del procuratore di Arezzo, a seguito di quanto denunciato dalla stampa ed accertato nel corso dell'istruttoria, siano definitivamente compromesse».

Come mai?

«Ci è stato riferito dal prefetto che nel corso di pubbliche manifestazioni vengono esposti cartelli con critiche ed ironie nei suoi confronti, anche ingiuste magari, ma che vanno a ledere l'immagine dell'istituzione che lui rappresenta. La prima commissione è chiamata a vigilare che sul piano dell'immagine, la credibilità dell'istituzione non venga mai messa in discussione».

Lei era comunque intenzionato a mandar via Rossi?

«Io avevo depositato una richiesta di trasferimento di ufficio nei confronti del dottor Rossi. Secondo me c'erano tutte le condizioni per farlo. Rossi è stato fatto oggetto anche di una quantità significativa di esposti, alcuni anonimi, ma altri firmati e dettagliati. Pertanto, sul piano oggettivo, e indipendentemente da un addebito di colpa, il ruolo del magistrato ne esce indebolito, appannato, senza più credibilità nei confronti dell'opinione pubblica».

Ma il plenum del Csm ha ritenuto che non fosse così.

«È stato snaturato e depotenziato il testo della commissione, sminuite le nostre severe conclusioni. Si sono astenuti pure gli stessi relatori, il presidente della commissione, l'ex ministro Renato Balduzzi, e il togato di Area, Piergiorgio Morosini. Secondo il Csm non ci sono state condotte tali da mettere il magistrato in condizione di non esercitare le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Per me non è così. Per questo ho votato contro. L'unico a farlo. Non esprimere un voto contrario avrebbe significato smentire clamorosamente il lavoro di mesi. Quello che ha fatto il plenum».

Che tipo di lavoro avete svolto?

«Un'istruttoria assai articolata, fatta anche di indagini, che hanno fatto emergere diverse incongruenze tra le dichiarazioni rese da Rossi al Csm sul fatto che non conoscesse Pier Luigi Boschi e le prove successivamente emerse».

La commissione può anche fare indagini?

«Il plenum del Csm ha mosso dure accuse di eccesso di potere della commissione, criticata per aver svolto un ruolo inappropriato di tipo investigativo che non sarebbe consentito. Mi pare strano».

Per lei non è inappropriato eseguire indagini?

«Per niente. La prima commissione è una sorta di sportello reclami per i cittadini: riceviamo molti esposti, quindi è nostro dovere investigare. Ho rifiutato di svolgere la mia funzione in modo burocratico, limitandomi a leggere gli esposti, a chiedere informazioni ai capi ufficio, che dicono, che tutto va bene, e poi ad archiviare».

Come si è svolto il plenum?

«Un dibattito molto feroce e critico nei confronti dell'operato della prima commissione. Non credo affatto che noi abbiamo aver sbagliato».

Allora perché il Csm si è messo di traverso?

«È mancato il coraggio di proporre il trasferimento d'ufficio per

incompatibilità ambientale del dottor Rossi, per oscuri motivi. Ma non possiamo voltare le spalle e guardare altrove, quando emergono situazioni poco chiare. Non possono essere avallate ambiguità, reticenze, opacità dei magistrati».

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