Il Sud non si fa sedurre dalle mancette. L'"effetto Raggi" fa volare la Lega a Roma

L'ammissione di Luigi: "La nostra gente si è astenuta". Tracollo nella Capitale

Il Sud non si fa sedurre dalle mancette. L'"effetto Raggi" fa volare la Lega a Roma

Roma - «La nostra gente si è astenuta», dice mesto il capo politico. Il riferimento è sicuramente al Sud, dove l'affluenza è stata particolarmente bassa. Ma se i miliardi del reddito di cittadinanza non hanno sortito a pieno l'effetto «scarpa sinistra» in stile Achille Lauro, è soprattutto il Nord Italia a spaventare lo stato maggiore Cinque stelle che, non va dimenticato, ha il cervello collocato in una società a responsabilità limitata nella produttiva Milano.

In fondo al Mezzogiorno i Cinque stelle sono ancora quasi dappertutto il primo partito, anche se con un numero di voti falciato dall'astensionismo. I Cinque Stelle pagano pegno in Puglia, dove pesa la delusione di una parte della base per i dietrofront sull'Ilva il via libera al gasdotto Tap, ma M5s è comunque primo partito con oltre il 26 per cento. Numeri analoghi in Calabria, dove si è fatta sentire di più la concorrenza della Lega. In Sicilia i grillini sfiorano il 30 per cento. E in Campania, casa di Di Maio nonché Regione che ha fatto l'en plein di reddito di cittadinanza, dove i Cinque stelle sono stati in grado di muovere gli antichi meccanismi della clientela, i «gialli» vantano percentuali pari a quella che la Lega ha portato a casa a livello nazionale: oltre il 33 per cento. Il Movimento ha probabilmente sottovalutato la minore propensione del Sud a votare alle Europee e la delusione dei tanti che hanno ricevuto molto meno di quel che aspettavano via card delle Poste.

Il Movimento si è risvegliato traumatizzato dalla tormentata notte elettorale. Ma nelle prime analisi si è parlato più della débâcle a Nord che della delusione a Sud. Nella circoscrizione in cui ricade il Piemonte, dove si è combattuta la battaglia della Tav, i 5s hanno dimezzato le percentuali di consenso scendendo a un infimo 11,2 per cento. A Nordest, dove a lungo il Movimento aveva cercato di tessere la tela del rapporto con l'industria e l'artigianato locale, i 5s sono stati polverizzati dall'onda d'urto leghista, fermandosi al 10,3 per cento.

Un crollo che preoccupa il Movimento «Siamo stati vittima della retorica che saremmo il partito del No alle grandi opere -ammette il sottosegretario Mattia Fantinati- Dobbiamo far capire che siamo il partito del Sì alle opere fatte bene. È il settore produttivo del Nord che ci ha mandato un segnale. Dobbiamo ascoltarlo». E l'analisi ha trovato immediato riflesso nel primo intervento di Di Maio, che si è affannato a parlare di «rimettersi al lavoro», a scongelare dossier insabbiati in campagna elettorale, senza escludere nemmeno la Tav.

Resta un altro tasto dolente, a cui pare non esserci rimedio.

Nella capitale che fu la prima grande conquista del grillismo, dopo tre anni di sgoverno della città l'effetto Raggi è diventato una valanga inarrestabile. La conquista dell'Urbe con il 67 per cento del 2016 si è trasformata in una clamorosa disfatta, con il simbolo M5s barrato solo da poco più del 17 per cento dei votanti romani.

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