Sud, sondaggi e liste: seduta di autoanalisi al summit di Forza Italia

I big azzurri ad Arcore sperano che Salvini non cerchi maggioranze anomale col M5s

Sud, sondaggi e liste: seduta di autoanalisi al summit di Forza Italia

Identità, prospettive, futuro. Forza Italia nel vertice di Arcore si scuote e si riorganizza, dopo la botta micidiale del sorpasso della Lega, cui nessuno credeva. «Diciamolo che questi sondaggi non ci hanno proprio preso, con tutti i soldi che ci costano!», sbotta uno degli azzurri più vicini al leader.

È vero, il centrodestra ha vinto, forse riuscirà anche a trovare qualche sponda per formare un governo, però le carte in mano ce l'ha il leader del Carroccio, Matteo Salvini e non più Silvio Berlusconi. Una quindicina di dirigenti azzurri cerca di capire com'è potuto succedere, nel primo confronto con un Cavaliere amareggiato e deluso, ma che al secondo giorno si riprende dallo shock e trova la forza di riprogrammare se stesso e il partito, di dare un segnale di vitalità e riaffermare la sua leadership. Le cause del calo al 14%, si ragiona, con una Lega oltre il 17, stanno nell'ondata generale di protesta, nell'assenza troppo lunga del leader, nelle scissioni subite. Ma c'è dell'altro.

A villa San Martino, l'ex candidato premier Antonio Tajani cerca di essere pragmatico, mette un freno alle polemiche. Qualcuno, nell'ala moderata vorrebbe che assumesse un ruolo apicale, per riorganizzare il partito, ma per ora lui riparte per i suoi impegni a Bruxelles da presidente dell'Europarlamento. C'è l'avvocato e coordinatore di fatto Niccolò Ghedini, sul quale serpeggiano malumori per il sì alla legge elettorale rivelatasi un capestro, la formazione delle liste non così rinnovate, l'operazione «centrista» Noi con l'Italia che doveva portare voti al Sud ma è stata un fallimento. C'è il consigliere storico Gianni Letta, che al Rosatellum si oppose, prevedendo la «salvinizzazione» del Nord, ma non fu ascoltato. E poi i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta, i più stretti collaboratori, come Licia Ronzulli, Sestino Giacomoni, Alberto Barachini, Valentino Valentini, Gregorio Fontana.

Si decide di fare due annunci: il 14 marzo, a Montecitorio, Berlusconi riunirà i gruppi parlamentari per condividere la linea politica e il 20 incontrerà neoeletti ed eurodeputati a Villa Gernetto, per un confronto su sviluppo, disoccupazione giovanile, Sud, immigrazione, sicurezza, Europa.

Si parla delle prossime consultazioni, si interpretano le mosse di Salvini, che nell'incontro ad Arcore con il leader azzurro ha garantito fedeltà alla coalizione, che non cercherà accordi fuori dal centrodestra. «Ma come mai - ragiona uno dei partecipanti- non è così deciso nel chiedere al Quirinale il mandato che spetterebbe alla prima coalizione? Non spinge molto, mentre Brunetta e la Meloni lo incalzano. Forse preferisce mandare avanti il M5s, farli andare a schiantarsi, pensa che poi per trovare una maggioranza si tornerà da lui. O al governo non ci crede e gli basta esser leader della coalizione?». Il leghista non ha spiegato come intende muoversi e qualche sospetto c'è, mentre si studia la fronda dem, che contesta le dimissioni posticipate di Matteo Renzi.

Rimane isolata la voce del governatore della Liguria Giovanni Toti, che rilancia il partito unico del centrodestra, a trazione leghista. «L'ala nordista ci riprova - dice un illustre azzurro -, facendo leva sul voto, ma la maggioranza dice no.

Anche l'idea del gruppo unico in Parlamento non viene presa in considerazione, mentre alle consultazioni si andrà insieme».

Ad Arcore non c'è nessuno del Sud che, ricorda un escluso, «ha garantito risultati tripli a Fi, in Campania 20%, in Sicilia 21%, mentre il Veneto è al 10%».

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