Politica

La suggestione di un'altra Lega con Bobo leader più moderato

Il governatore lombardo da sempre è vicino al Cavaliere e conta su molti fedelissimi all'interno del Carroccio

Roberto Maroni
Roberto Maroni

Milano - Un pranzo tra Bossi e Maroni, a Parma nelle ore successive all'ultimo congresso leghista, ha fatto parlare di un disgelo in corso tra il fondatore del Carroccio e il governatore lombardo, ex arcinemico del Senatùr. Tutto, ovviamente, in chiave anti-Salvini, il segretario con cui né Bossi né l'ex ministro dell'Interno condividono la linea nazionalista-lepenista. Rumors di casa Lega, dove però si esclude l'esistenza di una vera e propria «corrente Bobo» nel partito. Corrente no, ma Maroni ha un suo seguito di fedelissimi nel Carroccio. E la sua idea di Lega, e di alleanze, è diversa da quella del segretario federale, e più vicina alla visione di Berlusconi.

Non a caso, l'ultimo ad incontrare ad Arcore il leader di Forza Italia, per una cena, è stato proprio Maroni e non Salvini. Quanto basta per alimentare i sospetti su un piano segreto, con l'appoggio di Bossi storico amico del Cavaliere, per l'investitura berlusconiana di Roberto Maroni a candidato premier della coalizione di centrodestra alle prossime politiche. Ricostruzione subito smentita dal Cavaliere in primis, e pure da Salvini («È stato un incontro sui temi della Regione Lombardia, che va al voto, niente da dire»), ma certo il governatore rappresenta il modello di Lega più affine all'idea di Berlusconi (che non a caso aveva lanciato il nome di Zaia come possibile candidato premier), e viceversa.

Da parte sua, Maroni ribadisce ogni volta che il centrodestra unito, modello Lombardia, «è l'unico modo per essere competitivi, per vincere e sconfiggere il grillismo», a cui invece il leader leghista, poco entusiasmato dalla coalizione classica di centrodestra, guarda con un qualche interesse. Maroni, dicono i suoi, in questo momento ha in testa altre partite, ad iniziare dal referendum sull'autonomia della Lombardia (fissato per il 22 ottobre), non la sua corsa da candidato premier (dà per scontata la ricandidatura al Pirellone), e tantomeno la contesa della leadership leghista a Salvini. Al congresso ha sostenuto la candidatura di Gianni Fava contro il segretario uscente, ma dopo la vittoria schiacciante di Salvini si è subito riallineato, in stile «partito leninista» come ama descrivere la Lega. Certo, un'area di maroniani esiste nel Carroccio, e anche fuori da lì. Fedeli al governatore sono i suoi assessori Massimo Garavaglia (Bilancio) e appunto Gianni Fava (Agricoltura), mentre in Parlamento si contano Gianluca Pini, presidente della Lega Romagna, e Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda, e poi il segretario provinciale milanese del partito, Davide Boni. Ma la tela di Maroni va oltre la Lega, e tocca Forza Italia con cui ha ottimi rapporti a partire da Berlusconi (ma in Regione il suo referente azzurro è Fabrizio Sala, vicepresidente), e poi nell'area centrista che fa capo a Maurizio Lupi, che proprio il governatore stava per convincere allo sganciamento da Alfano, fino a Stefano Parisi che assicura: «Certo dobbiamo sostenere Roberto Maroni». Per arrivare fino agli attestati di stima dal Pd, col sindaco Sala che lo descrive come «persona di qualità, potrebbe essere un candidato importante» per il centrodestra.

Corrente no, ma poco ci manca.

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