Suicida il medico «pedofilo» Nel pc 5mila foto proibite

Si è lanciato dalla finestra della casa dove era ai domiciliari. L'amico: «Contro di lui false accuse»

Luca Fazzo

Milano L'epitaffio di Alberto Flores D'Arcais, medico stimato e presunto pedofilo, lo detta a cadavere ancora caldo il magistrato che lo aveva fatto arrestare: Gianluigi Fontana, il procuratore di Busto Arsizio. «Abbiamo trovato nel suo computer cinquemila foto pedopornografiche... cose pesanti con bambine... immagini caricate da siti a pagamento..», dice ai giornalisti. E evidentemente più del segreto istruttorio, più del dubbio gusto di accusare un uomo che non si può più difendere, conta la necessità di mettersi al riparo dalle polemiche che scattano, inevitabili e necessarie, ogni volta che un inquisito sceglie di uccidersi. E che tanto più inevitabili sono in questo caso: perché quando Flores venne arrestato, il 9 luglio scorso, a restare increduli furono in tanti. Sessant'anni, serio, competente, missioni umanitarie in Iraq e in Afganistan: ma anche, secondo carabinieri e Procura, un maniaco sessuale che da quasi dieci anni allungava le mani sulle bambine e le adolescenti portate da lui per essere visitate. Almeno diciotto, recitava l'ordine di cattura, i casi provati.

Ieri, poco prima delle sette di mattina, Flores apre la finestra del bagno della sua casa al sesto piano di via Belgirate, a Milano, e si scaraventa in cortile. Sul tavolo lascia un biglietto di addio e di scuse alla famiglia, e dieci lettere chiuse per altrettanti amici e parenti. Vengono consegnate, ancora sigillate, al pm di turno, Lucia Minutello. Sarà lei ad aprirle e a leggerle. E a cercare di capire se il volo dal sesto piano di questo uomo dalla barba bianca e dallo sguardo chiaro sia stato il gesto di vergogna di un colpevole o l'ultima disperata protesta di un innocente.

Delle fotografie trovate nel suo computer - in parte cancellate, in parte soltanto cestinate - Flores non sapeva ancora nulla. E questo rende ancora più difficile spiegare il suo gesto. Perché prima di quelle foto, l'unico elemento d'accusa contro di lui erano i filmati realizzati nel suo studio da una microcamera, durante le visite alle ragazzine. «Le faceva spogliare interamente, le teneva nude più del necessario, le toccava», sosteneva la Procura. Ma alle visite erano sempre presenti anche le madri. Le presunte vittime non sono mai state nemmeno interrogate. E soprattutto una controperizia della difesa aveva cercato di spiegare ai pm come per una visita allergologica esaminare per intero il corpo del paziente sia non solo giustificato ma anche doveroso: «Le immagini che si possono osservare consentono di affermare senza alcun dubbio che nella totalità dei casi si tratta di normali visite condotte in maniera standardizzata», aveva scritto il professor Gianni Bona, ricordando come, ad esempio, «sia assolutamente incongruo considerare comeatti sessuali la palpazione dei seni di una bambina da parte di uno specialista pediatra, perché questo è il normale approccio per valutare la comparsa del bottone mammario».

Niente da fare, dieci giorni fa una nuova richiesta di liberazione di Flores era stata respinta. E ieri il suo amico e collega Alberto Aronica racconta: «Aveva perso tutto, aveva perso ogni speranza.

È stata la vittima innocente di un'accusa assolutamente falsa, una cattiveria nata dalla segnalazione di due pediatri di base con cui aveva avuto degli screzi perché riteneva non facessero il loro lavoro come dovevano».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica