Cronache

Il suicidio-fotocopia delle due sorelle

A distanza di un anno si sono impiccate. I pm aprono un fascicolo per istigazione

Il suicidio-fotocopia delle due sorelle

Maura Viceconte, 51 anni, sposata, un figlio: il 10 febbraio dell'anno scorso si era impiccata con un foulard nel cortile di casa a Chiusa San Michele (Torino).

Simona Viceconte, 45 anni, sposata, due figlie: ieri si è impiccata con un foulard attaccato alla ringhiera del cortile di casa a Teramo.

Maura e Simona erano sorelle.

Quando Maura si è uccisa, è come se anche Simona fosse morta. Morta dentro. Certo, Simone era fisicamente viva, ma nella sua mente aveva già deciso di «sopprimersi». Seguendo una modalità da «carta carbone», nera come il destino più nero: stessa data, stesso foulard, stesso luogo, stessa decisione di non lasciare un biglietto di spiegazione. Per Simona, ormai, non c'era più nulla da «spiegare». Nella sua mente era infatti già tutto chiaro. Fin da quel maledetto 10 febbraio, quando la vita di Maura, campionessa di maratona, aveva smesso di correre. Azzerando, involontariamente, anche l'esistenza di Simona. Lei ha impiegato esattamente un anno per mettere in pratica un'«elaborazione di morte» iniziata con la scomparsa di Maura. Inseparabili. Legatissime. Come fossero gemelle, anche se tra loro c'era una distanza di sei anni.

Maura era la sorella grande, diventata ancora più «grande» grazie ai tanti successi sportivi che l'avevano resa famosa; Simona era la sorella piccola, che ogni mattina si guardava allo specchio sperando in un riflesso da «grande». Nei suoi sogni, nelle sue ambizioni, nei suoi desideri Maura si sovrapponeva a Simona. Maura le dava coraggio, come fosse la parte «forte» di Simona. Non che Simona fosse una debole, anzi. Ma Maura aveva lo sprint in più dell'atleta abituata a vincere: quella che, con una accelerazione, batte gli avversari sul filo del traguardo. E lì, un metro dopo la vittoria, ad attenderla c'era sempre il bacio di Simona, l'abbraccio di Simona: la sua prima tifosa, la più sincera, la più affettuosa. Quando Maura fu costretta ad abbandonare le gare per colpa di un tumore, anche Simona iniziò ad ammalarsi. Nell'anima. Ma Maura, da combattente qual era, riuscì a sconfiggere il male. Una guarigione che aveva fatto tirare un sospiro di sollievo pure a Simona. Il peggio, per entrambe, sembrava passato. Ma non era così. Il «bastardo», dopo qualche anno di tregua, tornò a bussare alla porta di Maura. Un uscio già scardinato dal dolore, e quel «bastardo» ebbe gioco facile a buttarlo giù definitivamente. Maura capì che quella gora non l'avrebbe vinta e decise di anticipare la fine. Impiccandosi. Era il 10 febbraio 2019.

Da allora il suo alter ego - di nome Simona - ha meditato per un anno la «perfetta sovrapposizione». Il 10 febbraio 2020 Simona ha guardato il calendario e ha capito che era arrivato il momento per ricongiungersi alla sorella. Poi si è fermata: ha pensato ai suoi due figli, al marito, ai suoi affetti più cari, ai suoi amici. Avrà pensato: posso lasciarli? È giusto che li abbandoni? Avrà riflettuto per 4 giorni di seguito. Saranno stati 4 giorni orribili, popolati solo da lacrime e incubi. Ma ieri la decisione è arrivata, nonostante quel «ciao mamma» delle sue due figlie, «nonostante quel «ciao amore» di suo marito, nonostante quel «ciao piccolina» dei suoi genitori. Simona ormai era già in viaggio verso Maura. Le sorelle, divise da un anno, «dovevano» ricongiungersi. E così Simona, ricordandosi del foulard di Maura, ha preso dal comò nero la sua sciarpa più colorata, l'ha legata all'inferriata delle scale del suo palazzo, poi ha stretto la stoffa attorno al collo e si è lasciata cadere nel vuoto.

Poi il tonfo. Le urla degli inquilino. Le lacrime degli amici. Dubbi. E misteri. Tra questi anche quello della procura di Teramo che ha aperto un fascicolo per «istigazione al suicidio». Oggi sarà eseguita l'autopsia.

Sulla bocca di Simona un sorriso.

Lo stesso di Maura, la sorella.

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