Sul referendum vince la Grecia Tsipras: vogliono cacciare me

La Ue, costretta a digerire il voto sulle misure anti crisi, invita gli ellenici a bocciare il loro premier. Ma lui va all'attacco: basta ricatti, ai creditori non conviene affondarci

Alexis Tsipras con due membri del gabinetto
Alexis Tsipras con due membri del gabinetto

Roma - L'orgoglio, innanzitutto: Pericle, hai presente? Noi siamo greci, dice Alexis Tsipras, «noi siamo quelli che hanno inventato la democrazia», voi invece siete solo dei burocrati passacarte. Poi, il calcolo politico, perché, vista dal Megaro Maximou, la sede del governo, è meglio rompere con l'Europa, strappare la tappezzeria dei saloni di Bruxelles, che «tradire il mandato» dei propri elettori e aprire una crisi. Ma dietro la scelta di Atene di indire un referendum c'è soprattutto un lucido azzardo, un rilancio da pokerista. Voi non mi volete dare tempo? E io me lo prendo. Perché, accusa ancora Tsipras, l'obiettivo «non è buttare fuori la Grecia dall'Eurozona, ma cacciare questo governo, uccidere la speranza».

Un bluff? La carta della disperazione? Chissà, forse Tsipras ha ancora qualche punto in mano, forse no. Comunque, se non la partita, l'audace Alexis ha vinto l'ultima mano. Infatti, dopo 24 ore di sdegno, scandalo e reazioni indispettite dei partner e delle autorità comunitarie, la Ue ha di fatto concesso una settimana e ha riconosciuto il referendum. «Invito il popolo greco a votare sì», ha detto Jean Claude Juncker. E la Bce continuerà a fornire ossigeno fino al 5 luglio: il prestito extra di sei miliardi non è stato erogato, però la liquidità e ancora assicurata. La Borsa è chiusa e i cittadini greci hanno assaltato i bancomat, tuttavia, tecnicamente, il default è posposto. Insomma, Tsipras può dire di aver imposto la sua agenda. Il nano greco suona il sirtaki e i 18 partner fino a domenica sera ballano. Magari ha fallito le trattative e si è sottratto al suo dovere istituzionale, quello di decidere. Ha abdicato al suo potere, ha dimostrato incapacità affidandosi al popolo. Tra una settimana forse sarà travolto, però intanto adesso tutti sono appesi al voto ellenico.

Persino Angela Merkel. «Non vogliamo influenzare il referendum, che è una scelta legittima, come legittime sono le nostre reazioni. Però, se dopo il risultato della consultazione, che noi ovviamente rispetteremo, il governo greco chiedesse di riaprire i negoziati, non diremmo di no». Anche per François Hollande «il referendum è una decisione sovrana» di Atene. L'Eliseo tifa per il sì: «Ci sono ancora possibilità di accordo».

Il problema ora per Atene, e per Eurolandia, è resistere fino al 5 luglio. Tsipras fa il duro, parla di ricatti e di ingerenze inaccettabili, dice che non pagherà il debito in scadenza con il Fmi, si dice certo che la Grecia non sarà cacciata «perché il costo sarebbe immenso». Però sotto banco un filo di trattativa continua. «Serve una soluzione ponte fino a domenica - sostiene il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz -. Fossero stati quattro mesi, comprenderei le riluttanze. Ma si tratta di quattro giorni appena...». Resta da capire quali sono i margini e quali le eventuali prospettive.

Il referendum infatti non sarà solo sulle misure chieste dall'Europa, ma su Tsipras. «Volete la Merkel o me?», questa la vera domanda. Se vincono i sì, significa che i greci preferiscono essere governati da Bruxelles. Se vincono no per Alexis sarà un trionfo. E per Atene?

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