Cardinale Angelo Bagnasco, anche quest'anno con l'avvicinarsi del Natale si è ripresentata la polemica sul presepe. Perché si tende a demolire questo simbolo della tradizione cristiana?
"Perché molti purtroppo lo vedono come un simbolo superato. Questo fenomeno va preso come un sintomo più ampio di quella tendenza, presente soprattutto nelle società occidentali, a svalutare o a dimenticare le radici culturali e spirituali che ci hanno formato. Il presepe non è soltanto una tradizione: è un annuncio, testimonianza concreta del mistero di Dio che si fa vicino a ciascuno di noi. Non è un'imposizione per nessuno. La libertà di rifiutare non è libertà di cancellare o di cambiare".
Qualcuno vede il presepe come un'imposizione
"Non si tratta di imporre, ma di offrire una verità che parla a tutti: la bellezza di una storia che nasce dall'umiltà, dalla cura. Per questo, dall'amore che si dona senza prepotenza, il presepe è un invito a riflettere sul nostro modo di vivere senza lasciarci trascinare da una visione materialistica del mondo. Ricordare la nascita di Cristo non può essere un crimine culturale! Difenderlo non significa chiudersi, ma aprirsi alla libertà di tutti. Chi non ci crede, rispetti".
Questo tema ci lega inevitabilmente alla situazione dei cristiani nel mondo, spesso vittime di persecuzione. Succede anche in Occidente, in Europa, a suo avviso?
"Purtroppo, accade anche in Occidente. Assume forme diverse, sottili e suadenti, ma non per questo meno violente. È una violenza che non toglie la vita fisica, ma svuota l'anima e manipola le menti. L'Occidente si crede il paladino della libertà, proclama la tolleranza universale, ma spesso è intollerante verso i cristiani, quando esprimono opinioni o verità diverse dal "pensiero unico". Più si allontana dalle sue radici cristiane, più declina. Non si può stare a guardare rassegnati. È in gioco l'umano".
Cosa rischia oggi l'uomo occidentale?
"Rischia di essere de-spiritualizzato, rischia il vuoto interiore. La cultura che si respira appare accogliente e aperta, ma in realtà è chiusa in se stessa, riduce l'uomo a materia, la vita a sequenza di attimi da consumare il più possibile perché senza futuro. Offre degli obiettivi ma non la meta. Il vuoto spirituale ha un peso insopportabile che spinge alla ricerca di surrogati, che illudono e tradiscono: stupefacenti, alcol, dipendenze e violenze sempre più ricorrenti. 'Chi semina vento raccoglie tempesta': rubare l'anima è seminare morte".
Il risultato quale sarà?
"Un malessere interiore sempre più diffuso e profondo, sempre più insofferente di tutto e di tutti. Una società così indebolita diventa più facile da manipolare, più incline a consumare, più funzionale al profitto, meno capace di pensiero critico e di resistenza alle logiche dei poteri forti e occulti".
Come vengono perseguitati i cristiani in Occidente?
"Questa persecuzione non si manifesta soltanto come incomprensione dei valori cristiani, delle tradizioni e di chi, con umiltà e determinazione, cerca di viverli e di farne stile di vita. Si esprime anche attraverso la derisione e la discriminazione. La fede è considerata una questione individuale senza rilevanza sul piano pubblico. A questo livello deve essere silenziata e silenziarsi. Si tratta di una vera e propria intolleranza, che può assumere forme sociali e culturali, e che è una delle espressioni più insidiose della persecuzione contemporanea".
Il mondo fa abbastanza, a suo parere, per i cristiani perseguitati nel mondo?
"Purtroppo, la presenza dei cristiani sembra infastidire o addirittura impaurire. Si nota un assordante silenzio verso le stragi che entrano spesso nelle cronache quotidiane. Forse, dietro a questa omertà, ci sono ragioni di opportunismo politico, forse economico, commerciale. Forse si pensa di favorire una finta pace, una finta collaborazione tra i diversi popoli. Ma sul silenzio omertoso e sulla finzione si può costruire qualcosa di vero?"
Cosa le suscita sentire spesso di queste stragi di cristiani in Paesi dell'Africa o dell'Asia?
"Un grande dolore che diventa preghiera per loro e per le comunità cristiane. E la domanda se ne abbiamo consapevolezza. Davanti al presepe guardo il Bambino Gesù, Principe della pace, e penso quanto sarebbe facile vivere in pace con Dio e con gli uomini. Guardo il Bambino Gesù e chiedo per tutti la forza della giustizia senza la quale non c'è pace.
In fondo, tutti desideriamo vivere sereni e operosi la vita terrena camminando verso la meta che è il Cielo. È questo che corrisponde al nostro cuore, a ciò che siamo, e che dovrebbe ispirare il nostro modo di pensare e di vivere. È il mio augurio".