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La surreale estate del cantiere centrista: tutti vogliono unirsi, nessuno ci crede davvero

Mastella e Quagliariello oggi aprono i giochi. Ma manca un vero federatore

La surreale estate del cantiere centrista: tutti vogliono unirsi, nessuno ci crede davvero

La lunga e surreale estate dei centristi è già iniziata. Tutti, da Renzi a Calenda, vogliono il polo dei moderati. Ma in pochi ci credono. I sogni sotto l'ombrellone si scontrano con la realtà. Una realtà che pone sulla strada che porta alla nascita del «Grande Centro» un ostacolo insuperabile: la legge elettorale. Senza una riforma elettorale con l'introduzione del proporzionale, il partito dei moderati o dei draghiani è destinato a rimanere uno scenario remoto. Poco concreto. C'è quasi l'amara consapevolezza, anche tra i più accaniti sostenitori del progetto del «Grande Centro»: «Alla fine dovremo accodarci con uno dei due poli», spiega al Giornale un big centrista.

Insomma, tutto il dibattito che ruota attorno al futuro partito dei moderati è fuffa. Ci provano. Ma senza troppa convinzione. Gli ideologi del «Grande Centro» riempiranno le pagine dei quotidiani, con analisi e interviste, nella lunga estate pre-elettorale. E assisteremo a una infinita carrellata di raduni politici e seminari durante i quali si tenterà di insistere sulla necessità di dar vita alla costruzione di un'area centrista. Un film già visto.

Si inizia domani a Napoli: il sindaco di Benevento Clemente Mastella, uno che ha trascorso la seconda parte della sua vita politica invocando il ritorno della Dc, metterà allo stesso tavolo Gaetano Quagliariello e Annamaria Parente, presidente della commissione Sanità e renziana di ferro. Il titolo dell'iniziativa è emblematico: «Ripartire dal Centro». Mastella parte. Le chance di portare a termine l'operazione centrista sono scarse. Pari allo zero. Ci proverà Giovanni Toti nella sua Liguria con l'operazione Bucci. La ricandidatura del sindaco di Genova è il primo esperimento politico ed elettorale di fusione tra Coraggio Italia e Italia Viva. Si testerà, sul piano locale, una futura alleanza politica alle elezioni nazionali.

In Sicilia ci provano Maurizio Lupi e Clemente Mastella che alle comunali di Palermo presentano una lista comune. Il più scettico sull'operazione centrista è proprio Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva è ben consapevole delle difficoltà di mettere allo stesso tavolo Calenda, Mastella, Toti, Lupi, Quagliariello. Troppi galli a cantare in un «centro» che rischia di non vedere mai l'alba.

Gli ostacoli principali sono due. Il primo, la legge elettorale: un partito centrista, fuori dai due poli, avrebbe serie difficoltà con l'attuale sistema elettorale. Il Rosatellum prevede infatti che il 36% dei seggi sia assegnato in collegi maggioritari uninominali. Le coalizioni Fdi-Lega-Fi e Pd-M5S sarebbero favorite. Certo, però si potrebbe osare lo stesso. La lista centrista determinerebbe la sconfitta di uno dei poli (nel maggioritario) e potrebbe addirittura vincere in alcuni collegi (Firenze, Genova, Benevento) dove è forte la presenza di Mastella, Renzi e Toti. Un azzardo. Una scommessa che tormenta l'estate surreale dei centristi.

Il secondo ostacolo: il federatore. Chi guiderà i moderati? Il sogno si chiama Mario Draghi. Il presidente del Consiglio ha già dato picche. Non è interessato a ruoli politici. C'è l'opzione Pier Ferdinando Casini. Che però non è una grande novità politica. Renzi ha un nome in testa: Beppe Sala. Il sindaco di Milano è il profilo ideale (per Renzi) per guidare il partito di Draghi. Va solo convinto.

Missione impossibile sotto l'ombrellone.

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