Alla fine è andata un po' meno bene del previsto per il signor Åkesson: con i tre quarti dei seggi scrutinati, i suoi «democratici svedesi», portabandiera del sovranismo nemico dell'immigrazione di massa, rimangono lontani dalla barriera psicologica del 20 per cento dei voti, ma fanno segnare un'avanzata comunque importante rispetto al 13 per cento ottenuto cinque anni fa. I due blocchi che l'ambizioso partito populista aveva sfidato hanno contenuto le perdite: a sinistra le cose sono andate meno peggio del temuto per i socialdemocratici del premier uscente Stefan Löfven, che calano dal 30 al 28 per cento circa, che è il peggior risultato della loro secolare vicenda elettorale ma consente al partito riformista che è stato il simbolo della storia politica svedese e scandinava di mantenere il primo posto. Con l'apporto dei partiti alleati minori, il blocco di sinistra scenderebbe dal 43 al 41 per cento circa. Nel centrodestra la situazione è simile: il blocco di quattro partiti tocca il 40 per cento, ma il partito moderato del candidato premier Ulf Kristersson scende dal 23 al 19,6 per cento.
Vince, insomma, la temuta instabilità, effetto in fondo logico del malessere sociale che serpeggia nelle aree urbane di un Paese abituato a prosperità, ordine e sicurezza, e che ora si ritrova a raccogliere i frutti avvelenati di un'immigrazione troppo massiccia. La destra populista, che ha puntato su una risposta dura e identitaria al disordine, resterà come previsto fuori dalla stanza dei bottoni, ma il suo leader ha centrato l'obiettivo minimo: quello di impedire a ciascuno dei due blocchi suoi avversari di riuscire a formare un esecutivo con le sue sole forze. Da oggi i leader del centrosinistra e del centrodestra dovranno intavolare complesse trattative per formare un governo che avrà come unico vero collante il rifiuto condiviso di cedere spazio ai «nuovi barbari».
A complicare ulteriormente uno scenario politico non facile, c'è la grande frammentazione del nuovo Parlamento di Stoccolma: oltre ai tre partiti principali già citati, hanno infatti superato la soglia minima di accesso sia i due partiti minori della sinistra (ex comunisti e verdi), sia i tre alleati centristi dei conservatori. Facile prevedere che verranno tentate complicate manovre basate più sull'aritmetica che sulla compatibilità politica, e che i leader dei due blocchi si contenderanno la guida di una grande coalizione che potrebbe alla fine essere anche molto articolata.
In attesa di conoscere gli sviluppi poco appassionanti di queste partite di potere, la cronaca della giornata elettorale svedese registra episodi inquietanti. Interpretando a modo loro il clima diffuso di disagio verso l'eccessiva immigrazione, gruppi di estremisti di ispirazione neonazista hanno compiuto raid nei seggi di alcune località minori. Sono stati riportati episodi di aggressione e intimidazione ai danni di elettori e giornalisti, con tanto di tentativo di fotografare schede elettorali e persone.
La un tempo pacifica Svezia, ormai abituata alle sparatorie tra gang di immigrati nelle strade delle periferie diventate no-go-zones, non aveva ancora sperimentato queste forme di primitivismo. Ma ieri ha scelto, forse saggiamente, di non affidare ai cugini in giacca e cravatta di questi teppisti in felpa nera la soluzione dei suoi gravi problemi.RFab
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