Solo i cantoni più interni e tradizionalisti hanno detto no all'inserimento nella Costituzione elvetica di una norma che facilità la naturalizzazione degli stranieri di terza generazione. Un'innovazione che in passato non aveva mai superato l'ostacolo referendario, ma che ieri è passata con l'ampia maggioranza del 60,4% dei votanti (che sono stati poco meno della metà degli aventi diritto). Gli svizzeri, insomma, hanno deciso di agevolare la concessione della loro ambita cittadinanza a molte persone che vivono nel loro Paese da lungo tempo, in molti casi da sempre. Tuttavia, sarebbe sbagliato ritenere che le porte siano state spalancate. Ecco infatti che cosa effettivamente è stato approvato con il referendum di ieri, tenuto conto che la naturalizzazione non sarà automatica, e che per ottenerla serve una richiesta che soddisfi diversi requisiti: si deve essere nati in Svizzera e avervi frequentato la scuola per almeno cinque anni, non si può avere più di 25 anni, uno dei nonni deve avere vissuto in Svizzera e uno dei genitori deve esservi andato a scuola. La semplificazione riguarda dunque solo la procedura e non modifica i criteri per la concessione della cittadinanza. Il risultato era molto atteso dalla comunità italiana, cui appartiene circa il 60% degli immigrati di terza generazione in Svizzera: circa 15mila persone su un totale di 25mila, mentre la popolazione totale del Paese è intorno agli 8 milioni. Il «sì» ha prevalso anche nel Ticino (seppure molto di misura: 50,2%), solitamente piuttosto chiuso a certe innovazioni. Molto più netto il risultato ottenuto dai «sì» nelle grandi città come Zurigo, Basilea e Ginevra.
Si tratta dunque di una sonora sconfitta per la destra xenofoba, che sperava ieri di ripetere il successo (peraltro quasi privo di conseguenze concrete) ottenuto nel referendum del settembre scorso contro i frontalieri italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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