Sapessi come è strano incontrarsi in Prefettura a Milano. Quattordici mesi dopo Silvio Berlusconi e l'ex delfino Angelino Alfano sono tornati a vedersi. Lo hanno fatto ieri sera nella sede governativa del capoluogo lombardo, spiazzando chi aveva previsto il loro tête-à-tête , il primo dal novembre 2013, per oggi a Roma. Con loro Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, gli esponenti di Ncd, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello e per Forza Italia Niccolò Ghedini e Giovanni Toti. I due avevano evidentemente premura di rivedersi. Un po' sono i sondaggi, che fotografano il blocco moderato sempre più vicino a quello di centrosinistra facendo tornare tanta voglia di unità a destra. Ma molto è il fatto che si avvicina l'elezione del nuovo presidente della Repubblica e il centrodestra di opposizione e quello di governo sentono l'esigenza di una strategia comune sulla strada che conduce al Quirinale. E infatti è di questo che si è parlato nel colloquio avvenuto dopo che in giornata il vicepremier aveva incontrato il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
E il Nazareno? Berlusconi crede nell'asse con Matteo Renzi, che incontra oggi, ma è un po' infastidito di essere da questi strumentalizzato come clava da agitare ai dissidenti del Pd. E poi fidarsi è bene, non fidarsi è politica. «Hai visto mai che dopo tanto starnazzare di grandi alleanze ci ritroviamo con un altro postcomunista al Quirinale?», si chiedono in molti fuori e dentro il governo. Quindi il Cav si protegge guardando ai suoi alleati naturali: il primo dei quali, prima ancora della Lega, è il Nuovo centrodestra. Ma anche il centrodestra di governo sente odore di imbroglio. Alfano i suoi sms li ha mandati, ricordando che al centrodestra per i capricci della storia non è mai capitato di poter eleggere il capo dello Stato, e invitando Renzi a fare come la Dc del 40 per cento che con i suoi voti fece salire più volte al Quirinale esponenti di altri partiti come Pertini, Saragat, Einaudi. Una tesi su cui mette il «like» uno molto vicino a Berlusconi come Giovanni Toti: «Condivido il ragionamento di Alfano che non obbligatoriamente il presidente della Repubblica dev'essere di sinistra. Sarebbe un buon segno riequilibrare come fece la Dc nei cinquant'anni della Prima Repubblica».
Da qui l'idea di provare a proporre una candidatura comune. Nell'incontro di Milano naturalmente non si è parlato di una figura di schieramento. Un presidente del centrodestra è impensabile con oltre 400 grandi elettori in quota Pd. Ma Renzi potrebbe essere messo in difficoltà dall' endorsement delle componenti dell'ex Pdl per un moderato come Pier Ferdinando Casini o addirittura per un nome di area Pd stimato anche a destra come Franco Marini. Alfano, alla fine dell'incontro finito qualche minuto prima delle 21, ha detto: «Abbiamo ragionato sul metodo per l'elezione del presidente, in 20 anni i moderati non ne hanno mai espresso uno, abbiamo deciso di riunire le forze che si riferiscono al Partito popolare per condividere la scelta di un capo dello Stato di area moderata che non sia del Pd. Ci vedremo nei prossimi giorni per indicare il nome, questa è stata una conversazione proficua sul metodo». Ciò potrebbe portare anche a un obiettivo al momento impensabile, l'elezione al primo turno: «Se devo leggere le nostre dichiarazioni e quelle di Alfano - dice a Repubblica Paolo Romani - mi sembra che ci siano tutte le condizioni per presentarsi con un blocco importante di 250 elettori».
Ma l'obiettivo è andare oltre i Quirinale: «Di fronte allo sconquasso evidente del centrodestra noi siamo i primi che stanno ricominciando a mettere insieme i pezzi per battere Renzi». Al momento un'utopia, ma l'unione fa la forza. Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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