
A un anno di distanza dal 7 ottobre Benjamin Netanyahu, dopo dodici mesi di guerra dominata dal rovesciamento strategico e culturale piombato su Israele con la macelleria di Hamas e le sue 1.200 perdite massacrate più 252 rapiti, decise di dare un nuovo nome alla guerra. Da "Spade d'acciaio" a "Guerra di Tkuma", una parola ebraica antichissima, che vuol dire resurrezione. Il gabinetto votò il cambiamento: Netanyahu aveva virtualmente concluso la shivà, i sette giorni di lutto in cui non si esce, si pensa agli amati perduti, non si vive, e tornava a essere se stesso.
Nella "tkuma" lo abbiamo ritrovato l'altra notte, tutto intero per ciò che è e desidera. E al mattino, dopo l'attacco ai siti nucleari di Trump, con gesto simbolico ha messo in un pertugio del Muro del Pianto il suo secondo messaggio dopo il primo di qualche giorno fa, quando Israele stava per intraprendere, tutta sola, l'azione impossibile: "Possa il presidente degli Stati Uniti essere elevato per essersi assunto la responsabilità di espellere il male e l'oscurità dal mondo" c'è scritto fra le parole di preghiera. Più di un ringraziamento, un'elevazione nella storia. Bibi ha spiegato più volte il suo retaggio parlando del centesimo compleanno del padre, lo storico Ben Tzion: "Grazie - disse il venerando allora - di ricordare la mia opera, ma oggi l'Iran minaccia la distruzione del popolo ebraico, ed è qui che il nostro spirito deve sorgere, dobbiamo dimostrare tutto il nostro valore, la nostra forza, la capacità di distruggere il pericolo col nostro spirito". Spirito si dice "ruah" come vento, ed è qualcosa di sacro, e di questo, rispetto all'operazione in Iran, Netanyahu non cessa di ringraziare i soldati e il popolo. Qui è il segreto di questa guerra così audace e impari, e che finalmente conta su un partner pari alla sfida: la superpotenza americana, di nuovo nel suo ruolo di guardia della libertà generale. Netanyahu al contrario delle sciocchezze che si possono dire sui suoi interessi per la guerra, ha deciso che non poteva aspettare, perché ne andava della vita. Dopo decenni di discussioni con i quattro presidenti precedenti a Trump e i tanti "don't", intanto America e Israele insieme hanno deciso: "L'Iran non deve avere l'arma atomica". Questo aprirà almeno a una parte del mondo la comprensione della minaccia atomica terrorista. La foto dell'altra notte mostra Bibi al telefono con Trump nel minuto dell'azione americana, quando su Fordow vengono lanciati dai B2 162 tonnellate di esplosivo. Dopo gli israeliani, compiono l'azione chirurgica per distruggere le tre fornaci di morte iraniane. Bibi con Trump guarda la grande storia che svolta, il presidente americano insieme a lui osserva l'attacco: i siti atomici vengono distrutti. Netanyahu guarda la sua storia in cinemascope, e forse non ci crede neppure lui. Un commentatore israeliano, Hagai Segal, dice che non è solo una pietra miliare militare, è il più grande trionfo diplomatico da quando Ben Gurion riuscì a assicurare la maggioranza all'Onu per fondare lo Stato il 29 novembre 1947. Dopo la magica operazione israeliana, l'entrata sulla scena degli Stati Uniti avrà la sua logica: siamo all'alba di un nuovo giorno, quello in cui il Medioriente e tutto il mondo finalmente liberati dalle trame e dai progetti genocidi di un regime fanatico dovrà cedere. L'Iran può suicidarsi andando contro l'ultimatum di Trump o arretrare. Il suo mondo erano i proxy ora sconfitti uno a uno da Israele. Netanyahu può disegnare con Trump la riabilitazione dell'area, un rapporto col mondo arabo liberato dalla motivazione omicida senza limiti dell'Iran e dai suoi. Trump e Netanyahu hanno smentito con parole di onore reciproco la bugia che Trump avesse buttato Bibi alle ortiche... Non è mai successo. I 60 giorni per rispondere alle proposte di Trump per l'Iran erano reali, Netanyahu aspettava la prova della realtà e avvertiva che avrebbe agito. I due hanno rispettato l'un l'altro con la promessa di agire per la fine della minaccia nucleare. Questo è tutto il punto: Trump ha capito con Netanyahu che i vari "don't" di Biden erano sbagliati dopo che il 7 ottobre si era mostrato come un anello della catena iraniana della distruzione di Israele, il cuore ideologico dei regimi islamisti come l'eliminazione degli ebrei lo era per il nazismo.
Netanyahu ha deciso di uscire dalla trappola di cui anche lui, con gli accordi di Hebron e il discorso di Bar Ilan, era stato partecipe e ha capito che il parametro era la eliminazione del pericolo mortale. Combattere per sopravvivere.
Trump ha capito che si trattava di un'idea resa realistica da anni di lavoro. Adesso la recupera anche per "fare grande l'America" e lo fa nonostante l'opposizione interna. Una volta che la testa del serpente sia tagliata si apre un mondo di pace.