Il tempo stringe, il conto alla rovescia procede spedito e l'occasione è ghiotta per provare a individuare una regia e una direzione nella complessa partita quirinalizia. Alla Festa di Atreju siedono allo stesso panel due ministri decisamente «pesanti» del governo Draghi come Giancarlo Giorgetti e Luigi Di Maio, il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani e il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Francesco Lollobrigida, forze che avranno un ruolo decisivo nella scelta del nuovo Capo dello Stato.
Il direttore de Il Messaggero, Massimo Martinelli, guida il dibattito concentrandosi sui temi del lavoro, ma è inevitabile ricercare dietro ogni parola l'indizio nascosto, un filo che possa legare le intenzioni che iniziano a maturare nelle segrete stanze dei partiti. Una prima indicazione arriva da Antonio Tajani che ribadisce come questo governo si fondi sulla presenza di Mario Draghi. «Non ci sarebbe nessuno sul palcoscenico politico in grado di tenere insieme Berlusconi, Salvini, Di Maio, Conte, Letta, Renzi, Bersani. Solo una persona può farlo: Draghi. Draghi sarebbe un eccellente presidente della Repubblica, però penso che per l'Italia sia meglio avere Draghi a Palazzo Chigi». Il dibattito si concentra sul reddito di cittadinanza. Tajani, Giorgetti e Lollobrigida lo analizzano senza imbracciare la sciabola, ma sottolineandone una maniera lucida le ombre e le luci. Chiedono correttivi, propongono meccanismi che possano evitare l'effetto boomerang ed evitare che un assegno troppo vicino a quello di una prima occupazione possa diventare un disincentivo alla ricerca di un vero lavoro. Il clima del dibattito, insomma, è tutt'altro che affilato. Luigi Di Maio è l'osservato speciale. Il ministro degli Esteri prende la parola, concorda su un paio di modifiche richieste da Lollobrigida e plaude alla recente apertura del presidente di Forza Italia. «La svolta di Berlusconi sul reddito di cittadinanza la considero significativa, i correttivi sono benvenuti, ma mi sembra evidente che nessuno vorrà mai davvero abolirlo, al massimo gli cambierà il nome». Di Maio lancia poi un monito contro il voto anticipato. «Chi ne ha fatto ricorso ha poi perso il controllo della pandemia. Io in questo momento temo molto che nel centrodestra ci sia una profonda spaccatura sul Quirinale, soprattutto ad opera di Salvini. Sicuramente io reputo più affidabile Giorgia Meloni».
Giorgetti, chiamato in causa sull'affidabilità della Meloni rispetto a Salvini, non perde il suo aplomb. «Io faccio parte di un partito che si chiama Lega per Salvini premier quindi questo è l'obiettivo politico che mi motiva e che mi fa prendere anche posizioni non sempre convenzionali e ortodosse. Però, io vorrei dire che questo governo si giustifica in uno stato di emergenza. Ha senso se può governare, Quindi, o c'è una presa di coscienza dell'interesse nazionale oppure diventa semplicistico ridurre tutto il dibattito politico su chi va al Quirinale».
L'indicazione di Lollobrigida va invece nella direzione di una figura che possa riportare al voto gli italiani. «Serve un arbitro vero che consenta agli italiani di avere un governo e una maggioranza rappresentativi della volontà del popolo». Prove d'orchestra, insomma, ma con uno spartito (e un direttore) che ancora non c'è.
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