In tanti con il prete anti-sballo Ma la madre: «Ci ha fatto male»

Le dure parole del sacerdote dividono. Lo psicologo Risè: «Ma è colpa dei genitori se i figli vanno allo sbaraglio»

Stanno con il prete. Molti lettori del Giornale condividono fino alle virgole l'editoriale del direttore Alessandro Sallusti che, per lo scandalo del politically correct, si era schierato con le scandalose parole di don Lorenzo Guidotti. Don Lorenzo è il sacerdote bolognese che, invece di spargere compassione per la ragazzina vittima di uno stupro, l'ha apostrofata con parole durissime: «Te la sei andata a cercare». I toni usati dal reverendo hanno indignato il mondo politico, ma i lettori si ritrovano nei concetti sviluppati da Sallusti: se a 17 anni vai in giro di notte ubriaca e mezza incosciente e ti infili nelle zone più problematiche della città, allora devi ringraziare la tonaca di don Lorenzo che ti apre gli occhi, anche se in modo ruvido.

La mamma della ragazza intanto racconta tutta la propria sofferenza, il disagio per quello che ha ascoltato: «Le parole del prete ci hanno fatto male, lo incontrerò. La colpa è di chi stupra, non di chi ne è vittima». Un discorso sacrosanto, dettato dal cuore, che non può oscurare il ragionamento di don Guidotti.

Sulla stessa linea si ritrova Claudio Risè, uno dei più noti psicoterapeuti italiani, scrittore e firma del Giornale, autore di un libro, Il padre, l'assente inaccettabile, che è stato tradotto in tutto il mondo. Spiega Risè: «Il prete, anche se molti si sono stracciati le vesti per le sue parole, ha preso sul serio il suo ruolo di educatore. Diciamo pure che quel sacerdote ha detto alla ragazzina quel che forse non le è stato spiegato bene da sua padre e da sua madre. Andarsela a cercare vuol dire più o meno: attenta, ecco cosa troverai nel mondo. Vuol dire introdurre il principio di pericolo, vuol dire essere realisti e alla fine padri. Padri davvero».

Autorevoli opinionisti sottolineano che don Guidotti sarebbe venuto meno al principio cardine della solidarietà o, se si preferisce, della carità. Ma Risè non accetta questa impostazione: «Mi dispiace, ma l'abbraccio sentimentale serve a poco o nulla. Certo, la ragazza dev'essere aiutata e incoraggiata dopo la terribile prova subita, ma il primo dovere è quello di portare lei e la sua generazione a comprendere la realtà e le regole fondamentali di ingresso nel mondo». È quello che scrive Silvia in uno dei quasi duecento tweet arrivati al direttore in poche ore: «Scusate, ma queste ragazzine a quell'età dove se ne vanno da sole? Questi ragazzi sono lasciati soli a piede libero e non sanno a cosa vanno incontro».

Il tema torna in forma drammatica nella riflessione di Risè. «Se i padri non fanno i padri, se vengono meno figure coraggiose come quella di don Lorenzo, allora i figli non diventano persone adulte e vanno letteralmente allo sbaraglio. Indifesi e incoscienti». Come la diciassettenne di Bologna, come altre fanciulle che nelle scorse settimane, hanno denunciato violenze a scoppio ritardato. Come riemergendo da una nuvola di smemoratezza, da una bolla creata dall'abuso di alcol o droghe. Non si tratta, ovviamente, di sminuire la bestialità dei violentatori o di chi si approfitta della debolezza altrui, ma di costruire personalità complete e mature, in grado di navigare fra i marosi e gli scogli che tutti incontrano. «C'è purtroppo un dissolvimento dell'io - aggiunge Risè - l'io non è più strutturato, i genitori non trasmettono più i codici di comportamento e i figli senza bussola annaspano. Pensando che tutto sia uguale, che andare o non andare di notte in una certa zona sia la stessa cosa, che accettare un passaggio da uno sconosciuto sia come fidarsi di un caro amico, in definitiva che le azioni non abbiano mai conseguenze».

Il dibattito s'infiamma. E taglia l'opinione pubblica come una faglia californiana. In redazione sono arrivati i commenti di chi si è sentito offeso dalla «predica» di don Lorenzo. Ma sono in tanti a condividere il suo pensiero.

Anche dalle parti del centrodestra. Matteo Salvini è lapidario: «Bisogna stare attenti a quel che si fa». E Carlo Giovanardi è altrettanto controcorrente: «Alla fine il fastidioso Grillo parlante era meglio per Pinocchio dei tanti Lucignolo».

SteZu

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