
È trascorsa da poche ore una lunga notte in Israele quando sentiamo telefonicamente una nostra fonte israeliana qualificata, nonostante Iron Dome e i sistemi antimissilistici abbiano intercettato la maggioranza dei missili iraniani, alcuni hanno colpito le città provocando morti e feriti. Ci risponde da una località nel centro di Israele in cui vive: «Quanto abbiamo visto nelle scorse notti è il massimo della capacità militare dell'Iran. Non è poco perché è stata una notte terribile in cui hanno mirato agli obiettivi civili, ma per fortuna abbiamo un sistema antimissilistico molto forte. In ogni caso, anche se il 5 o 10% degli attacchi superano le difese provocano danni e vittime ma, dall'altro lato, il nostro successo militare in Iran è storico».
Stiamo parlando con una figura di alto livello nel Servizio di Sicurezza nazionale israeliano che ha ricoperto diverse posizioni nell'intelligence nell'unità specializzata alla lotta al terrorismo islamico internazionale, alle minacce nucleari iraniane e alle armi convenzionali che, per ragioni di sicurezza, non può rivelare il suo nome ma ha accettato di rispondere alle domande de Il Giornale in merito alla guerra tra Israele e l'Iran.
«L'attacco a Teheran è maturato seguendo una duplice opportunità operativa e strategica. Nell'ultimo anno l'intelligence ha realizzato report da cui emergeva come l'Iran si stesse avvicinando a realizzare la bomba atomica. Poteva arrivare a produrre dieci bombe e, in due/tre settimane, sarebbe arrivato al 90% della realizzazione poiché gli iraniani hanno deciso che fosse arrivato il momento di accelerare il processo».
Il ruolo dell'intelligence è stato fondamentale nell'attacco di Israele che ha atteso il momento opportuno per avviare la propria operazione militare ma il via libera è maturato dopo che sono state valutate due opzioni sul tavolo: o continuare con le operazioni di intelligence in Iran oppure sperare che il negoziato con gli Stati Uniti portasse a un accordo.
«Le discussioni si erano avviate in modo positivo e all'inizio c'era ottimismo ma, dopo l'ultimo incontro in cui gli iraniani insistevano sul fatto che l'arricchimento dell'uranio fosse un loro diritto, ci si è resi conto che non si poteva attendere ulteriormente». Inoltre, «l'Agenzia internazionale dell'energia atomica a maggio ha messo in allerta sul fatto che il programma nucleare iraniano fosse fuori controllo e che le violazioni potessero portare a realizzare ordigni nucleari».
Nella sua ricostruzione della catena di avvenimenti che hanno portato Israele a rompere gli indugi c'è un elemento molto importante che si è discusso negli ultimi giorni ed è il sostegno americano all'operazione: «abbiamo ricevuto la luce verde dagli Stati Uniti» ci spiega la nostra fonte, che aggiunge: «Ora Trump ha due opzioni, o unirsi a Israele negli attacchi all'Iran oppure chiamare Khamenei a trattare anche con l'aiuto della Russia. Gli americani preferirebbero questa seconda ipotesi». Sorge spontaneo chiedere come si evolverà ora il conflitto. «Il nostro problema non sono solo i siti di arricchimento dell'uranio ma anche le altre infrastrutture utilizzate per realizzare la bomba atomica che dobbiamo distruggere. Il prossimo passaggio sarà colpire le infrastrutture energetiche strategiche e l'obiettivo finale è mettere in discussione il regime». Chiediamo se questa guerra durerà quanto quella a Gaza.
«No, è una situazione diversa, penso durerà al massimo qualche settimana». Prima di concludere la telefonata ci tiene ad aggiungere un'ultima cosa: «Questo non è solo un conflitto tra Israele e l'Iran ma è una guerra contro l'islam radicale che stiamo combattendo per tutto l'Occidente».