Santino Scudeller: un nome che nella drammatica saga del Coronavirus si è conquistato un posto. Perché il dottor Scudeller, giudice del Tar della Campania, ieri è diventato il primo magistrato ad annullare in nome della legge i provvedimenti che in queste ore stanno cercando disperatamente di mettere argine all'avanzata dell'epidemia. Mentre milioni di italiani rispettano le regole, il signor M.V. ha deciso che a lui la quarantena che gli era stata imposta non andava bene, perché lui deve andare a lavorare e - incredibile ma vero, scritto nero su bianco nel ricorso - deve andare a prendersi le sigarette. E il giudice gli ha dato ragione. Il provvedimento con cui a M.V. era stato proibito di uscire di casa viene annullato. Una sentenza che apre una breccia in un muro che sembrava destinato a non venire scalfito, quello che doveva mettere le norme emergenziali al riparo dai cavilli e dai ricorsi.
La sentenza non dice perché M.V. il 17 marzo sia stato colpito dal «provvedimento di contestazione» della legione dei carabinieri di Casal di Principe, in Campania. Si sa che si trattava un «atto di diffida e quarantena» che gli proibiva di uscire di casa per quattordici giorni, cioè fino all'1 aprile. La spiegazione più verosimile è che l'uomo fosse entrato in contatto con un infetto da virus, o che fosse rientrato in Campania da una delle «zone rosse» dopo il divieto di spostamento. In ogni caso, come decine di migliaia di altri italiani nelle stesse condizioni, non poteva uscire di casa. Il giorno dopo avere ricevuto la diffida, M.V. ha invece presentato ricorso al Tar della Campania E qui si innesca una stranezza. Anche il Tar della Campania, come i tribunali di tutta Italia, dovrebbe essere praticamente fermo, le udienze si dovrebbero tenere solo in casi gravi ed urgenti. Eppure M.V. trova un giudice che sfidando il coronavirus affronta il suo ricorso in appena quarantott'ore e gli dà ragione. La sentenza «accoglie l'istanza e per l'effetto sospende l'atto di diffida e la messa in quarantena».
Ed ecco la motivazione, secondo cui è «riscontrata allo stato degli atti la verosimiglianza di quanto dedotto in esito alla essenzialità del percorso seguito dalla propria abitazione per l'approvvigionamento presso il punto di distribuzione automatico di tabacchi», ovvero la necessità di comprare le sigarette. Inoltre M.V., che a quanto pare di mestiere fa l'avvocato, ha spiegato che lui deve andare a un'udienza a Cassino mercoledì prossimo, e a un'altra a Napoli il 2 aprile. In realtà anche queste udienze dovrebbero essere ferme, e comunque il 2 aprile la quarantena del professionista sarebbe già scaduta. Ma il giudice Scudeller non sottilizza, e anzi scrive che i bisogni di M.V. vanno più in là dell'emergenza: «ritenuto che l'estrema gravità e urgenza (del ricorso dell'avvocato, ndr) vada apprezzata anche nella adeguata considerazione del fine giustificante e misure. Certo, il ricorso viene accolto «con esclusivo riferimento all'atto di diffida e messa in quarantena in relazione ai detti impegni professionali, nei limiti di quanto ad essi necessariamente connesso e nel rispetto di tutte le altre misure, condizioni e precauzioni note al ricorrente». Il problema è che se M.V.
è stato messo in quarantena per 14 giorni è perché c'è il sospetto concreto che possa stare incubando il virus, e che possa spargere il contagio tra quelli che verranno in contatto con lui nei prossimi giorni. Qualcuno li avviserà che hanno davanti uno che è in giro solo grazie al Tar?
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