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La Tasi va in pensione. Ma su casa e negozi arriva un'altra stangata

Nasce la super-Imu, i contribuenti dovranno versare all'erario fino a 230 euro in più

La Tasi va in pensione. Ma su casa e negozi arriva un'altra stangata

Una stangata senza precedenti sulla casa. L'unificazione di Imu e Tasi previsto dall'articolo 95 del ddl Bilancio conferma l'incremento del prelievo fiscale sugli immobili, già denunciato da Confedilizia su il Giornale nelle scorse settimane. Il combinato disposto della fusione dei due tributi, infatti, potrebbe rivelarsi deleterio se durante l'iter parlamentare non vi si porrà rimedio.

Qual è il meccanismo perverso che farà impennare il gettito? Il ddl Bilancio prevede che la Tasi si unisca letteralmente all'Imu. La prima era una tassa applicata sulla base di servizi comunali specifici sulla base di una precisa delibera. La seconda è un'imposta e, dunque, non necessita di giustificativi. Molti Comuni, perciò, potrebbero «cadere in tentazione» sia in virtù dell'aumento dell'aliquota minima Imu (dal 7,6 all'8,6 per mille, mentre la massima resta ferma al 10,6 per mille) sia in virtù della possibilità di applicare lo 0,8 per mille della Tasi senza necessità di spiegare alcunché. Ecco, quindi, servito un micidiale cocktail che vale fino al 11,4 per mille della rendita catastale dell'immobile. Anche i proprietari di prime abitazioni accatastate come pregiate avranno da temere: l'aliquota minima sale dal 4 al 5 per mille con tetto sempre fissato al 6 per mille. Infine, c'è da ricordare che il ddl Bilancio prevede che sia il proprietario a farsi carico della quota parte di Tasi (dal 10 al 30% dell'imposta) che ora grava sugli inquilini.

Gli unici italiani che possono stare «tranquilli» (si fa per dire) sono i residenti di Roma, Milano, Firenze e Bologna dove già si paga il massimo dell'aliquota Imu. Discorso diverso per tutti gli altri. Secondo le simulazioni effettuate dall'Istituto nazionale degli esperti contabili, la maggiore imposta potrebbe variare da un minimo di 20 euro fino a un massimo di 235 euro. A soffrire, pertanto, saranno gli italiani che non abitano in città metropolitane, che magari sono proprietari di prime case soggette all'imposta (ville e abitazioni signorili) e, in generale, tutti coloro che hanno una seconda casa o un immobile comerciale.

Come ha spiegato ieri durante un'audizione sulla manovra il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, questi provvedimenti sono «comunque forieri di aumenti di tassazione, come nel caso di quei Comuni che non abbiano istituito la Tasi e che abbiano deliberato un'aliquota di base per gli immobili diversi dall'abitazione principale inferiore all'8,6 per mille, i cui amministratori potrebbero essere facilitati a modificare in aumento l'aliquota a causa del nuovo dettato normativo».

Il gettito totale derivante da Imu e Tasi nel 2018 è stato di 21,983 miliardi di euro, aveva spiegato l'Istat in Parlamento nello scorso luglio. La maggior parte del «malloppo» proviene dall'Imu (19,9 miliardi di euro) e le cifre erano state presentate in funzione di un dibattito su una proposta di legge del deputato leghista Alberto Gusmeroli che aveva ipotizzato di unire le due tasse per contrastare l'evasione ed estendere i casi di esenzione.

La nuova maggioranza ha «rubato» l'idea, ma solo per stangare a destra e a manca.

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