Nell'ultima settimana prima delle vacanze (per chi ancora ci deve andare e non è già da tempo in panciolle sotto l'ombrellone, tra Costa Smeralda e Milano Marittima), la schizofrenica maggioranza grillo-leghista si esibirà nell'ennesima serie di salti (poco) mortali.
Tavoli contrapposti con le parti sociali (uno a Palazzo Chigi, l'altro al Viminale) sulla manovra d'autunno, mozioni Tav e No Tav, fiducia sul decreto Sicurezza bis: una raffica di appuntamenti parlamentari cui i partiti azionisti del governo Conte si presentano talmente divisi, confusi e su posizioni diametralmente opposte che in qualsiasi paese normale sarebbero ineluttabilmente destinati a separarsi. Non in Italia, però, nonostante i media alimentino la tensione annunciando un giorno sì e l'altro pure una imminente crisi di governo. Che non ci sarà neppure stavolta, anche perché grillini e leghisti non vedono l'ora di andarsi a godere le meritate vacanze.
Domani si inizia con il voto del secondo decreto-bandiera sulla Sicurezza, voluto da Salvini. Nel partito dei Cinque Stelle si è manifestata una fronda numericamente significativa: in diciassette non hanno votato la fiducia alla Camera, e il presidente Roberto Fico, impavido custode dell'anima sinistra dei Cinque Stelle, è rumorosamente uscito dall'aula (commessi in guanti bianchi al seguito) per segnalare il proprio turbamento. Ovviamente a costo zero: visti i numeri della maggioranza alla Camera, i diciassette eroici dissidenti più Fico erano matematicamente certi che la fiducia sarebbe passata, che il governo sarebbe sopravvissuto e con lui il loro scranno. Al Senato, notoriamente, il margine della maggioranza è più esiguo. Ma le probabilità di un «incidente» con relativa crisi sono le stesse: i cosiddetti «dissidenti» grillini, calcolati in cinque o sei, hanno già studiato il modo migliore per fare il loro show, ma senza correre il minimo rischio di restare tragicamente disoccupati. «Ci limiteremo a non partecipare al voto, a non entrare in Aula», confida il prode Matteo Mantero, fiero oppositore dell'alleanza con i leghisti. Oppositore sì, ma a patto che l'alleanza non salti. «Ma veramente pensavate che qualcuno di noi potesse votare un provvedimento su cui il governo pone la fiducia, col rischio di mandare sotto la maggioranza?», chiede candida Elisa Pirro, atterrita dall'idea di dover tornare a fare la No Tav in Val Susa.
La fiducia non richiede alcun quorum, dunque l'uscita dall'aula di qualche grillino cambierà poco o niente. E peraltro tra Svp, Fratelli d'Italia, gruppo Misto ci sono senatori dispostissimi ad assentarsi nell'improbabile caso di rischio per la maggioranza. Dunque il decreto Sicurezza passerà. Martedì e mercoledì, poi, ci sarà l'altro show sulla Tav. Necessario ai grillini per gettare un po' di fumo negli occhi ai propri elettori, quando è diventato evidente che le contorsioni per prendere tempo e non ufficializzare il via libera del governo all'opera non erano più ammissibili.
Si tratta solo di mozioni parlamentari, che quindi non comportano rischi per il governo.
Lega e Cinque Stelle si divideranno platealmente in aula, con i primi che voteranno contro il testo No Tav dei secondi e che probabilmente voteranno a favore di quelle pro-Tav delle opposizioni. I grillini faranno una gran sceneggiata per ricordare che a loro la Tav fa orrore ma che sono costretti a rassegnarsi, Toninelli incluso, e poi chiusa la pratica, tutti al mare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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