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In teatro poca società civile e molto apparato Pd

In platea big nazionali, verdiniani e il gotha cittadino legato a Gori

In teatro poca società civile e molto apparato Pd

Bergamo - C'è il gotha del renzismo cittadino, diversi big nazionali (dal vicesegretario Guerini al ministro Martina), la buona borghesia bergamasca, i quadri di partito mobilitati dal sindaco dem Giorgio Gori, primo spin doctor di Renzi («È sempre stato la parte saggia del gruppo» dice di lui il premier). C'è anche l'ala destra renziana, col senatore verdiniano Pagnoncelli in platea, e poco più in là il consigliere regionale lombardo Capelli, di Ncd, il presidente della Brembo (visitata in mattinata dal premier) Alberto Bombassei, che è anche deputato di Scelta civica, partito d governo. «Quello che manca è il popolo della sinistra, il nostro popolo» sospira un vecchio militante Pd tendenza nostalgica. Certo, per essere sabato mattina, per giunta a Bergamo alta (logistica complicata), al Teatro Sociale per l'avvio della campagna referendaria di Renzi la gente non manca (500 persone è la cifra ufficiosa, anche se l'ultima galleria è chiusa per ragioni di sicurezza, e molti palchi sono occupati da giornalisti e telecamere più che da supporter renziani). Il banchetto nel foyer e il gazebo Pd in piazza sottoscrivono le adesioni (10 euro la quota) al comitato del Sì, qualche fan si fa largo per dare il cinque al premier. Il resto è il tifo organizzato del Pd bergamasco, a cui si aggiunge il mondo vicino al renzismo, a partire da uno dei più noti avvocati della città, Enrico Felli, che poi è il presidente del Comitato per il Sì al referendum costituzionale. Manca il popolo di sinistra, non si vede la Cgil, c'è invece Gigi Petteni segretario generale della Cisl Lombardia, e poi l'ex presidente del Credito Bergamasco, Cesare Zonca. E tutti i Gori-boys, la squadra del sindaco ex manager e fondatore di Magnolia, società di produzione tv a cui si deve l'Isola dei famosi (da Magnolia arriva anche Ilaria Dallatana, neo direttore di RaiDue che ha appena fatto fuori Porro). Nei palchi qualche cartello contesta l'alleanza con Verdini, ma gli attivisti piddini arrivati per sostenere il leader non si turbano affatto: «Alle prossime elezioni Verdini non c'è più, quei voti servono ora perché il Pd di Bersani non ha vinto le elezioni» dice un militante renziano nel capannello che aspetta Renzi all'uscita del teatro per salutarlo. «Più voti ci sono meglio è» assicura Antonio Misiani, ex tesoriere bergamasco del Pd, deputato in quota «giovani turchi», quella che conta il Guardasigilli Andrea Orlando.

Nel teatro Renzi non fa fatica a strappare gli applausi della platea già in partenza con lui, scusandosi «da toscano» per la mezz'ora di ritardo, che per i bergamaschi è inconcepibile «mentre quando vai al Sud se arrivi in ritardo è un segno di stile», e infilando nell'intervento battute, storielle (il senatore che è andato da lui con la spilla «Sono un tacchino felice», nel senso dei tacchini sacrificati a Natale) e sfottò (per Brunetta, per i grillini).

La lunga campagna per il Sì è appena iniziata.

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