Beirut L'Iran accelera l'arricchimento dell'uranio, minaccia di uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare e Donald Trump valuta di rispondere con l'invio di nuove truppe nel Golfo, un fronte sempre più caldo dopo l'attacco alle petroliere di giovedì scorso. L'escalation di dichiarazioni è cominciata quando ieri mattina il portavoce della Agenzia iraniana per l'energia atomica, Behrouz Kamalvandi, durante una visita al reattore di Arak, ha affermato che la Repubblica islamica aveva «quadruplicato la produzione di uranio» e avrebbe superato il tetto di 300 chilogrammi stabilito dall'intesa del 2015 «entro 10 giorni». I firmatari dell'accordo - puntualizza - «hanno avuto il tempo di salvarlo», e «le condizioni attuali non possono continuare».
Già l'8 maggio, a un anno dal ritiro unilaterale degli Usa dall'accordo, il presidente dell'Iran Hassan Rohani aveva fissato in 60 giorni eil termine entro il quale i firmatari avrebbero dovuto fornire misure per consentire all'Iran di esportare petrolio e poter avere relazioni con le banche internazionali. La data-limite è il 7 luglio. Il leader iraniano ha avvertito che «l'Ue è meglio che si assuma le sue responsabilità nel poco tempo rimanente, altrimenti l'intesa crollerà». La stessa determinazione si legge nelle parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu. La comunità internazionale «deve immediatamente imporre le sanzioni concordate in precedenza» se l'Iran «dovesse concretizzare le sue attuali minacce e violare l'accordo sul nucleare».
Gran Bretagna, Francia e Germania, convinti della necessità di evitare una crisi internazionale e un aumento delle tensioni in Medio Oriente, cercano ancora di salvare l'accordo. All'inizio dell'anno hanno istituito lo strumento finanziario Instex, non ancora operativo, che consentirebbe alcune transazioni commerciali, in particolare per beni alimentari e medicinali. È qualcosa, ma non sufficiente, come ha sottolineato Ellie Geranmayeh, vicepresidente del programma per il Medio Oriente al Consiglio europeo per le relazioni estere: «Non sono sicuro che Instex da solo, dato il suo ambito restrittivo, sarà abbastanza per aiutare l'Iran». Gli spazi sono sempre più ristretti e ieri, dopo le dichiarazioni da Teheran, Berlino ha chiesto all'Iran di rispettare tutti gli obblighi previsti dall'accordo del 2015. Londra, più dura, ha intimato che se l'Iran avesse violato i limiti stabiliti dall'accordo avrebbe esaminato «tutte le opzioni».
Il confronto sta diventando anche militare, tanto che il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il generale Mohammad Baqeri ha ribadito che «se la Repubblica islamica dell'Iran decide di bloccare le esportazioni di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz, è militarmente abbastanza forte da farlo apertamente». Anche per questo Washington sta soppesando la possibilità di inviare ulteriori truppe in Medio Oriente in seguito all'attacco alle petroliere nel Golfo di Oman. La strategia di Teheran secondo Ali Alfoneh, analista dell'Arab Gulf States Institute in Washington, è chiara: «Gli iraniani presumono che Trump stia bluffando e non voglia imbrigliare gli Stati Uniti in una nuova guerra in Medio Oriente. Ma sono anche consapevoli della difficoltà nel persuadere l'amministrazione Trump a ripensare alla sua campagna di massima pressione contro l'Iran.
Perciò Teheran sta prendendo di mira sia il traffico petrolifero dal Golfo Persico, sia i suoi obblighi nell'ambito dell'accordo nucleare». Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha però commentato: «Una recente ispezione Aiea ha constatato che l'Iran sta assolvendo appieno i suoi obblighi, noi ci basiamo su questo».
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