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Teheran, la prima volta delle donne allo stadio. La propaganda del regime e l'ombra del nucleare

Non accadeva dal '79. La mossa in vista di un'intesa dopo mesi di negoziati

Teheran, la prima volta delle donne allo stadio. La propaganda del regime e l'ombra del nucleare

Ci sono pochi ragionevoli dubbi che il permesso concesso dalle autorità iraniane alle tifose di sedersi in un settore femminile durante una partita di campionato a Teheran giovedì, sia una captatio benevolentiae dell'opinione pubblica internazionale mentre si prepara l'accordo nucleare.

Il tema «donne allo stadio», come del resto l'insieme della vita al femminile, vide un alleggerimento in seguito al suicidio di Sahar Khodayari, «la ragazza blu» come i colori della sua squadra, una ventinovenne che, sotto processo per essersi introdotta allo stadio, si era data alle fiamme. Adesso una nuova liberalizzazione ha ammesso allo stadio ragazze che, ieri con barbe e baffi finti per essere ammesse alle partite, possono inneggiare a Sahar sedute invece sugli spalti.

L'Iran si mostra liberale mentre sta per ottenere, a fronte di un acquiescente Joe Biden e con la mediazione attiva di Josep Borrell, un accordo nucleare che sostituisca quello del 2015. Questo fu cancellato dagli Usa nel 2018 dopo che Trump lo definì «il peggiore accordo mai visto». Adesso gli esperti dicono che quello imminente sarà peggio, perché consentirà all'Iran di raggiungere la bomba atomica in poche settimane.

È di giovedì la clamorosa uscita pubblica di David Barnea, il capo del Mossad che invece per tradizione e per necessità non parla mai ai giornali, che avverte: l'accordo è basato su una quantità di bugie. La mia organizzazione, dice Barnea, non ne verrà fermata e seguiterà a proteggere la nostra sicurezza. Un avvertimento drammatico agli Usa perché ci ripensino. Le bugie denunciate riguardano fra le altre, è probabile, la centrale di Arak che, secondo lo stesso capo dell'energia atomica iraniana Ali Akbar Salehi, non è mai stata disattivata come promesso; riguarda i silenzi sui rilevamenti di Turquz Abad di particelle radioattive da parte dell'Aiea; la chiusura d'impianti di sorveglianza. Il fatto insomma, che in questi mesi l'Iran ha seguitato ad arricchire uranio: mancherebbero poche settimane per arrivare ai 25 chili necessari per la bomba.

Il decadere delle sanzioni fornirebbe migliaia di miliardi a un regime che ne fa uso per armi balistiche distribuite anche ai «proxy» nei programmi di conquista che vanno dallo Yemen al Libano e che ha attentato, secondo le accuse, alla vita di Mike Pompeo, di John Bolton e anche di Salman Rushdie fra gli altri. Nel 2025 cadrà ogni forma di controllo sulle centrifughe e questo consegnerebbe il processo intero agli ayatollah.

Le tifose allo stadio sono una notizia piacevole; ma datolo stato dei diritti umani, dei diritti religiosi, politici, sessuali, è difficile immaginare che non si tratti di una cortina fumogena.

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