La terza lettera di Boris all'Ue: "Dannoso un altro rinvio"

La terza lettera di Boris all'Ue: "Dannoso un altro rinvio"

Londra Ha aspettato fino alla tarda serata di sabato poi Johnson ha inviato all'Ue la lettera di richiesta di rinvio della Brexit fino al 31 gennaio 2020: un testo non firmato, accompagnato da una lettera dell'ambasciatore inglese presso l'Ue che spiega le circostanze e le ragioni dell'invio. Infine, il primo ministro inglese ha fatto pervenire al presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk anche una terza lettera, questa volta firmata di suo pugno, in cui invita l'Ue a non concedere a Londra il rinvio: «La mia idea, e la posizione del governo, è che un'ulteriore estensione danneggerebbe gli interessi del Regno Unito e i nostri partner europei e la relazione fra di noi».

Tre documenti distinti per poter dire di aver rispettato la lettera della legge il Benn act - che imponeva al governo di chiedere il rinvio in mancanza di un accordo approvato dal Parlamento entro sabato 19. Se poi anche lo spirito della legge sia stato approvato, questa e' questione diversa e rullano già i tamburi delle fazioni anti Brexit che vogliono portare Johnson davanti ai tribunali, cercando una soluzione giudiziaria a un problema politico. Nel discorso di sabato in parlamento, dopo il voto che sospendeva l'iter del nuovo accordo obbligando il governo a chiedere il rinvio a Bruxelles, Johnson aveva ripetuto la posizione delle ultime settimane: non negozierò un rinvio né la legge mi obbliga. E negoziazione non c'è stata, solo un'azione meccanica richiesta dalla legge subito compensata da una contro lettera in cui si esprime la reale volontà del governo. Non è solo una questione semantica: Johnson difende la sua immagine di paladino della Brexit, non appone il suo nome in calce a una richiesta di rinvio che, se approvata, rischia di minare la sua retorica dell'uscita a tutti i costi entro fine ottobre. Naturalmente l'opposizione ha fatto quadrato contro le manovre del primo ministro, definito dal cancelliere ombra John McDonnel, il numero due dei labouristi, un «moccioso viziato».

Che però pare avere le idee ben chiare e rilancia: il governo chiede che si voti subito sul nuovo accordo raggiunto con l'Ue, se lo speaker Bercow lo inserirà nei lavori si avrà oggi il voto che era stato previsto per sabato. Non è ancora chiaro l'effetto prodotto a Bruxelles delle 3 lettere discordanti ma l'estensione dovrebbe essere concessa nonostante l'ostilità francese. Nel frattempo mancano 10 giorni.

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