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Il test antidoping spaventa i deputati cileni

Sorteggiati i primi 78 parlamentari da controllare, ma in molti invocano la privacy

Il test antidoping spaventa i deputati cileni

San Paolo. La Camera dei deputati del Cile inizierà lunedì a testare i suoi onorevoli per vedere quanti di loro sniffano coca, si fanno le canne o assumono altre droghe. Una svolta possibile grazie a una legge approvata lo scorso luglio che ha introdotto questo test «antidoping» obbligatorio per migliorare «gli standard di efficienza e trasparenza nei lavori parlamentari» ma anche per indagare «sui reati legati al traffico di stupefacenti», in pieno boom in Cile. Ieri il Parlamento di Santiago ha sorteggiato i primi 78 deputati che dovranno sottoporsi al test. Tutto bene dunque? Mica tanto, visto che gran parte della sinistra che appoggia il presidente Gabriel Boric sta manovrando per evitare che siano divulgati i risultati.

Il test antidroga sarà fatto con un'analisi dei capelli in grado di rilevare i tipi di droghe assunti negli ultimi sei mesi. Da lunedì prossimo sino al 30 agosto gli onorevoli dovranno recarsi presso il laboratorio dell'Università del Cile per sottoporsi al test, come ha spiegato ieri il presidente della Camera, Raúl Soto, anche lui tra i 78 sorteggiati. I risultati si avranno entro un paio di settimane, poco dopo il risultato del referendum del 4 settembre prossimo, che se approvato pensionerà la costituzione cilena. Un cambiamento voluto da Boric ma anche «una Magna Carta che è un pasticcio confuso, pieno di un linguaggio woke che garantisce più o meno decenni di litigi su cosa significhi effettivamente» secondo The Economist.

Ieri il quotidiano cileno La Tercera ha svelato le strategie della sinistra per impedire la diffusione dei test, sottolineando come i primi a optare per l'anonimato sono stati i deputati molto vicini a Boric, Jaime Sáez ed Emilia Schneider, che hanno già ammesso pubblicamente il loro consumo di droghe. Naturalmente lo hanno fatto perché sorteggiati tra i 78 che dovranno per forza sottoporsi al test. Ieri su Twitter un furente Sáez ha denunciato che la pubblicazione dei risultati servirà solo ad «aumentare lo stigma». Altri legislatori che consumano regolarmente sostanze stupefacenti stanno invece valutando in queste ore di ricorrere alla Corte d'Appello cilena, sostenendo che il test violerebbe i loro diritti umani. A guidare questo gruppo è la deputata di Azione Umanista, Ana María Gazmuri, che difende non solo l'uso ma anche il possesso e la coltivazione di piante di marijuana. Ma visto che la cannabis è anche terapeutica per i malati di cancro e chi soffre di malattie croniche, molti deputati della sinistra cilena presenteranno un certificato medico per dimostrare che si fanno i cannoni per curare disturbi sinora ignorati dai più. Questa sarà la strategia più usata anche per mantenere top secret il risultato.

Tutti i risultati degli altri, invece, saranno resi pubblici e, in caso di positività, gli onorevoli potrebbero essere costretti a rimuovere il loro segreto bancario e a dovere giustificare movimentazioni «anomale».

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