Test, mascherine, rischio globale, pandemia. Quanti errori dell'Oms: incerta e in ritardo

È mancata una leadership mondiale forte durante la tempesta Covid 19

Test, mascherine, rischio globale, pandemia. Quanti errori dell'Oms: incerta e in ritardo

Il rischio pandemia Covid 19? Moderato. Anzi no: elevato. Le mascherine? Non servono. O meglio servirebbero ma è meglio lasciarle ai medici. È inutile indossarle per fare la spesa. I test? Solo ai sintomatici. No meglio a tutti. I dati dalla Cina? Trasparenti. Pechino è in grado di contenere l'epidemia: gli altri paesi non devono allarmarsi. No, è pandemia.

Queste in sintesi estrema le indicazioni contraddittorie che l'Organizzazione Mondiale della Sanità è riuscita a collezionare da quando il 31 dicembre dello scorso anno le autorità sanitarie cinesi hanno notificato un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota nella città di Wuhan. Giorno dopo giorno Sars Cov 2 ha messo il mondo in ginocchio anche perché è mancata una risposta tempestiva ed univoca. Per battere il coronavirus è evidente che occorre un strategia comune globale. E se è vero che i singoli paesi hanno responsabilità individuali per le scelte fatte è pure vero che le indicazioni dell'Oms sono state spesso carenti, poco chiare e anche tardive. L'Oms ha ammesso di aver commesso qualche errore. Sono molti di più quelli ancora non riconosciuti.

Il 23 gennaio l'Oms dichiara che il rischio globale derivante dal coronavirus cinese resta «moderato» come aveva scritto negli ultimi rapporti. Eppure già una settimana prima uno studio dell'Imperial College londinese avvertiva che i conti di Pechino non tornavano. I 50 casi dichiarati a Wuhan dovevano essere almeno 1.700 visto che erano stati già rintracciati casi «esportati» all'estero. Il 27 gennaio infatti l'Oms riconosce l'errore e cambia il livello del rischio che sale nel giro di 4 giorni a «molto alto in Cina, alto a livello regionale e alto a livello globale». Non solo: passano altri tre giorni e l'Oms si decide a dichiarare il Covid 19 «emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale». Ma proprio per non mettere in difficoltà la Cina in quegli stessi giorni, il 28 gennaio, il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, incontra a Pechino Xi Jinping e dichiara di apprezzare «la serietà con cui la Cina sta affrontando questo focolaio e la trasparenza che ha dimostrato». Con i dati oggi a disposizione frutto del dilagare dell'epidemia tutti gli esperti ritengono impossibile che le cifre sui decessi fornite da Pechino siano realistiche. E la dichiarazione di pandemia arriva incredibilmente soltanto l'11 marzo, quando in Italia siamo già oltre i 12mila casi e le vittime son 827.

Il capolavoro dell'Oms però arriva con le indicazioni sulle mascherine e i test. Inizialmente l'Oms lancia un appello: «non possiamo mettere a rischio i nostri medici e infermieri. Se non avete una persona malata a casa non avete bisogno della mascherina per favore non mettetela». Eppure proprio dalla Cina era arrivata l'indicazione dell'utilità della mascherina anche per chi non ha sintomi perché comunque dimezza la possibilità del rilascio delle goccioline, droplet, che potrebbero veicolare il virus.

«Il grande errore commesso da Usa ed Europa è il mancato uso delle mascherine», aveva ammonito George Fu Gao, virologo e immunologo e direttore del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. E sembra che ora l'Oms possa cambiare idea anche sulla necessità delle mascherine. Inversione di rotta anche per i test diagnostici: da «solo ai sintomatici» a «test, test, test» per tutta la popolazione.

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