La notizia la si può leggere direttamente sul sito che dirige. I suoi colleghi, nella redazione da cui era stata prelevata poco prima, hanno dato subito la breaking news e postato in diretta i video del suo arresto. Forse Maria Ressa credeva che essere stata eletta Persona dell'anno 2018 dalla rivista Time le avrebbe dato la visibilità sufficiente per stare al sicuro. Chi metterebbe le manette alla giornalista più famosa del Paese, già vincitrice di altri riconoscimenti per la libertà di stampa? La risposta è arrivata ieri nel tardo pomeriggio, ora di Manila. Quattro agenti in borghese si sono presentati nella redazione del sito d'inchiesta Rappler, nella capitale filippina, con un mandato di arresto per Ressa, che ne è fondatrice, direttrice e ad. Alla donna, 55 anni, viene contestato un articolo del 2012 in cui venivano riferiti legami tra un giudice di alto grado e un uomo d'affari coinvolto in questioni di droga e traffico di esseri umani. Quest'ultimo ha sporto denuncia per il pezzo cinque anni dopo la sua pubblicazione, facendo aprire un fascicolo per diffamazione a carico della giornalista. Le indagini si sono concluse con una richiesta di archiviazione rimasta inascoltata da parte del tribunale, che ha voluto comunque mandarla a processo. Ressa - una vita alla Cnn tra Manila e Jakarta, Indonesia, prima di dare vita a Rappler - potrà tornare in libertà su cauzione ma, a ieri sera, non le era ancora stata data la possibilità di farlo.
«Fake news» è l'epiteto affibbiato alla testata dal presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte. Secondo lui e i suoi sostenitori, Rappler sarebbe prevenuto nei confronti del governo e per questo avrebbe dato eccessivo spazio alla lotta alla droga (portata avanti da Duterte al prezzo di 5mila morti negli ultimi tre anni) senza darne altrettanto agli altri buoni risultati della sua amministrazione. Per questo il sito è stato vittima di ripetuti attacchi, culminati con il ritiro dell'accredito, necessario per seguire gli eventi istituzionali, e con la revoca della licenza. Ressa è stata destinataria di altrettante offensive, non solo in quanto numero uno di Rappler ma anche per le sue posizioni antigovernative. Ancora in occasione della copertina di Time (condivisa con Jamal Khashoggi, i reporter birmani Wa Lone e Kyaw Soe Oo e la redazione del Capital Gazette) la 55enne spiegava che sotto la guida di Duterte il suo Paese sta scivolando poco a poco nell'autoritarismo. La causa per diffamazione è solo l'ultima azione legale nei suoi confronti: la donna è già accusata di evasione fiscale, capo di imputazione che potrebbe costarle fino a 10 anni in cella. Per l'ipotesi di diffamazione, invece, rischia un massimo di 12 anni di carcere in base a una legge che, al momento del presunto reato, non esisteva nemmeno: la norma è entrata in vigore quattro mesi dopo la pubblicazione dell'articolo contestato.
«Se questo è un altro tentativo di intimidazione non avrà successo - si legge in una nota diffusa dalla testata - Continueremo a fare il nostro lavoro e a raccontare la verità». Al loro fianco anche l'Unione nazionale dei giornalisti filippini, che ha parlato di «vergognoso atto di persecuzione da parte di un governo di bulli». Ma tra i commenti sui social network molti prendono di mira Ressa.
C'è chi ricorda che «la legge è uguale per tutti», chi invita a non farne un dramma perché «se è innocente lo spiegherà ai giudici». Lei aveva previsto anche questo. «I social media si stanno trasformando in armi - diceva in un'intervista - e le prime vittime sono i giornalisti».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.