Cronache

Togliamo il pallone ai violenti

Togliamo il pallone ai violenti

C ome previsto, dopo l'indignazione, la sassaiola. Ieri, autostrada del sole, in una piazzola di sosta dove l'autista del bus dei tifosi del Torino aveva «osato» parcheggiare il mezzo, non prevedendo l'assalto di quelli del Bologna. È il nostro meraviglioso pubblico, i curvaioli più simpatici d'Italia, la feccia del calcio spacciata per parte più importante, quella che scalda i cuori e solleva lo spirito. Robaccia che nessun morto può fermare.

Passato il giorno dello sdegno, il football ha riproposto i gesti, i cori e gli insulti tipici di una rivolta carceraria, del resto osservando certi ceffi non c'è molta differenza, a parte le sbarre del gabbio. Il tifoso, il singolo, è una pecorella spesso smarrita, fragile, patetica. Dunque abbisogna del branco per ritrovare una identità e, ovviamente, nascondersi nel canneto degli agguati. Il tifo organizzato, nato sporadicamente negli anni Cinquanta ma esploso in forma violenta dopo il '68, è il cancro che in ogni dove ha aggredito la parte sana dello sport. Il calcio, poi, raggruma le frange peggiori, le curve sono di proprietà di gruppi con insegne che non necessitano di didascalie, ultras significa oltre, non hanno muri, non hanno catene, dunque non ci sono regole se non le loro, dallo spaccio di droga al bagarinaggio, dalla connivenza con la criminalità, ai ricatti, alle aggressioni. E la ciurma comunica, interagisce, organizza gemellaggi con altre gang, si ritrova in una specie di rave football, clandestino, illegale ma che non trova ostacoli e si protegge, solidarizza con gli arrestati, celebra i delinquenti.

Nomi e cognomi dei national fighter sono conosciuti da polizia e carabinieri, spesso tengono sotto schiaffo club, calciatori e dirigenti, la relazione continua in un clima di ricatto e di paura. Lo scioglimento dei circoli organizzati, non di tutti ma di quelli che hanno una identità e una manifesta diatesi criminale, dovrebbe essere il primo passo, doveroso di Matteo Salvini. E invece, paradossalmente, lo Stato li chiama al tavolo delle consultazioni, li convoca, così legittimandoli, quasi rendendoli protagonisti, eroi, idoli. Sarebbe come se la polizia decidesse di dialogare con le bande di ladri e rapinatori per meglio comprendere il fenomeno e cercare le soluzioni necessarie. Eppoi, addirittura, lo Stato tutela questi gruppi quando si muovono nelle trasferte, i loro torpedoni sono scortati da pattuglie a piedi o sui gipponi, vengono impiegate forze dell'ordine che andrebbero destinate a priorità più serie e più gravi. La loro mappa è militare, perfetta, piazzole di sosta e autogrill sono le stazioni conosciute di risse e aggressioni, alla presenza di automobilisti coinvolti nei tumulti e vittime di minacce e danni.

Due settimane di tregua. Finta. Il campionato si ferma, gli ultras sono disoccupati.

Ne riparliamo.

Commenti