Roma - Riuscirà il caso Morosini a imporre alle toghe limiti alla partecipazione al dibattito politico? Certo, l'aria sembra cambiata e il Csm prepara una circolare per un giro di vite. Che cos'è cambiato dai tempi in cui le critiche erano al governo Berlusconi, se non che stavolta si attacca un governo di centrosinistra? Se lo chiedono le stesse toghe sulle loro mailing list, mentre si delinea uno scontro tra le correnti e la preoccupazione cresce. Perché stavolta il vicepresidente del Csm è chiaro: «C'è un divieto a partecipare a campagne politiche per i magistrati. C'è invece un diritto a esprimere opinioni. Questo referendum si è caricato di significato politico, ci sono ragioni per avere più cautela», dice Giovanni Legnini a Maria Latella su SkyTg24, pur aggiungendo che la magistratura non ha «bisogno di un clima infuocato, di reciproche accuse.
Oggi Legnini salirà al Quirinale e domani o mercoledì incontrerà il ministro della Giustizia Andrea Orlando, per discutere dell'intervista (smentita, ma in modo poco convincente) del togato di Md a Il Foglio. Che, per il Guardasigilli, ha aperto una «questione istituzionale», con le frasi sulla campagna referendaria, sul funzionamento del Csm, le nomine, i fuori ruolo come il capo di gabinetto dello stesso Orlando, Giovanni Melillo, in corsa per la procura di Milano.
L'attivismo del Guardasigilli, titolare con il Pg della Cassazione dell'azione disciplinare, fa pensare che la storia non si chiuderà così facilmente. Tutti i magistrati e non solo i membri del Csm si aspettano una stretta. Legnini non ha voluto esprimersi sulla possibilità che Morosini finisca sotto processo disciplinare, anche perché proprio lui presiede la commissione che, eventualmente, dovrà giudicare il togato. «Devo astenermi da considerazioni di merito - dice - ma posso esprimere un giudizio sull'impatto delle parole, poi smentite da Morosini». Giudizio pesante: «Comunque, ove chiunque le pronunciasse, quelle parole, dal mio punto di vista sarebbero inaccettabili e dannose».
Il togato di Md parlava, nell'intervista, della sua partecipazione attiva alla campagna per il No alla riforma Boschi e al suo fianco scende in campo il leader dell'altra corrente di sinistra, Movimento per la giustizia. «Ebbene sì, lo confesso - scrive il procuratore di Torino, Armando Spataro, su La Repubblica - ho aderito da subito al Comitato promotore per il «No» in vista del referendum confermativo della recente riforma costituzionale. E non basta: l'ho fatto anche per il «No» alla riforma bocciata nel giugno del 2006, girando l'Italia in ogni weekend». Lo ricorda anche il laico di Fi al Csm Pierantonio Zanettin: «Molti magistrati si schierarono contro, senza che il Csm intervenisse. Tra allora ed oggi qual è la differenza? Forse che padre di quella riforma era il ministro Calderoli?».
Intanto Magistratura democratica polemizza con Unicost e rivendica, in una nota, «il pieno diritto come magistrati associati, di intervenire nel dibattito pubblico tutte le volte in cui sono in gioco principi fondamentali».
Vale per il gruppo, come per i membri del Csm. Una replica a Luca Palamara, togato di Unicost al Csm ed ex presidente dell'Anm, che ha accusato Md di aver aderito al Comitato per il «No» per «appellarsi alla piazza, e con ciò ricercare improprio consenso popolare».
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