Toninelli esulta con il pugno: "Così ha offeso le 43 vittime"

La Casellati indignata con il ministro che festeggia il sì al suo decreto. E dopo la nuova gaffe, rischia il posto

Toninelli esulta con il pugno: "Così ha offeso le 43 vittime"

C'è da dire, a sua giustificazione, che il povero Danilo Toninelli da Soresina non ha molte soddisfazioni nella vita, da quando è assurto a ministro. Anzi: è diventato una sorta di zimbello nazionale, protagonista delle più esilaranti imitazioni dei comici. Una pena, dal suo punto di vista.

Quindi si può capire che, per una volta, si abbandoni all'esultanza a pugno alzato, quando il dl Genova (che in realtà è diventato il decreto pro-abusivi di Ischia), da lui firmato, viene finalmente approvato. Ma l'esplosione di giubilo nell'aula del Senato si ritorce immediatamente conto lo sfortunato Donald Duck del governo: «Ha gesticolato in modo non commendevole per un ministro. I 43 morti di Genova dovrebbero pesare sulle coscienze di tutti», si indigna la presidente Casellati, mentre nell'aula esplode il tumulto. «Toninelli è stato tutto il tempo a masticare chewing gum e giocare col cellulare, prima di alzare il pugno», denuncia la capogruppo azzurra Annamaria Bernini. «Un gesto indifendibile, Toninelli è il ministro più imbarazzante di questo improbabile governo», dice quello del Pd Andrea Marcucci. Ironico il governatore ligure Toti: «Toninelli mi preoccupa più quando parla che quando gesticola». Lui tenta un'autodifesa: «Ho esultato perché era una bellissima notizia». Poi si arrampica mirabilmente sugli specchi: «Chi parla di condono a Ischia dice una falsità». Nella confusione si accende anche un battibecco tra la senatrice di Forza Italia e la ministra Barbara Lezzi, che intima alla prima di stare zitta e di andarsene e l'azzurra infuriata che cerca di raggiungere i banchi del governo e viene bloccata dai commessi.

Tra opposizioni all'attacco di Toninelli e M5s che si barcamena in difesa, spicca il silenzio gelido della Lega, che non dice mezza sillaba per il «suo» ministro. Anzi: in privato, esponenti salviniani di primo piano ammettono che sì, «Toninelli è un problema per il governo», e che «lo pensa pure Di Maio», il che è tutto dire. Solo che, aggiungono le stesse autorevoli fonti, «farlo fuori non è facile: i rimpasti si sa come cominciano ma non come finiscono. E lui è senatore, non possiamo permetterci di averlo contro dopo essere stato scaricato». Ecco allora che, nei conversari privati in alto loco governativo, si studiano soluzioni più indolori: la via migliore, si spiega, è sempre un «promoveatur ut amoveatur». Tra qualche mese «il nostro governo dovrà designare un commissario europeo». Sarebbe l'occasione d'oro per far emigrare Toninelli. E, sotto sotto, per fare anche uno sberleffo all'odiatissima Ue, della serie «guarda un po' quanto ci importa di te». Certo, si ammette, si potrebbe creare un problema ancor maggiore, perché il commissario europeo è un ruolo cruciale e «anche a noi converrebbe che a ricoprirlo fosse uno capace». Quindi, par di capire, non Toninelli. Però, si aggiunge, potrebbe esserci un'altra scappatoia, sempre oltrefrontiera: «Con la prossima legislatura si concluderà anche il mandato di Tajani come presidente dell'Europarlamento.

Potremmo provare a mandarlo lì, se ci spettasse». Prima, però, bisognerebbe farlo eleggere al Parlamento europeo. Liberarsi di Toninelli, insomma, è complicato, e richiede una programmazione di lungo periodo. Ma c'è già chi si è messo a lavorarci.

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